LETTERA AL DIRETTORE.
Da alcuni giorni si discute sulle possibilità di abrogare il limite dei due mandati dei Presidenti di
Regione e a cascata anche per i Sindaci dei Comuni oltre i 15.000 abitanti.
La domanda che si pone è cosa abbia portato in passato sia gli organi legislativi sia la Corte
Costituzionale a prevedere tale limite.
PERCHÉ SÌ
La ratio di tale limitazione è nel termine stesso in quanto limitare è un cardine delle democrazie
compiute e il potere deve essere necessariamente limitato ove vi sia in qualsiasi modo o ragione
ottenuta una concentrazione di potere nelle mani di un solo soggetto, ancorchè per una regola dell’agire
umano che nel diritto naturale vede la sua fonte, vi è la possibilità che si possa eccedere di tale potere, in
buona fede e per fare il bene comune dei cittadini, come sicuramente nel caso dei Presidenti di Regione
che governando a loro avviso bene per lungo tempo vorrebbero proseguire a governare oltre il limite
previsto.
Il fatto però è che in una democrazia è necessario equilibrare i poteri, limitarli e controllarli l’un l’altro.
Allora, il limite di mandato, in caso di elezione diretta di un organo monocratico come nel caso dei
Presidenti di Regione e per i Sindaci oltre i 15.000 abitanti è un tetto, uno strumento di equilibrio e di
razionalizzazione del sistema costituzionale, che esiste nella maggior parte dei Paesi del Mondo a
elezione diretta.
Il limite di mandato è dunque un contropotere ai fini del bilanciamento rispetto alla possibilità di
concentrazione eccessiva in capo agli eletti, che nell’arco della doppia legislatura per otto o dieci anni
hanno avuto l’opportunità di dare ampio respiro al proprio indirizzo politico.
Un prolungamento potrebbe minare l’equilibrio del sistema che ha necessità di essere tutelato
nell’interesse generale.
La Corte Costituzionale in ragione al limite massimo per dei mandati per l’elezione dei Sindaci nei
comuni oltre i 15.000 abitanti, da ultimo nella sentenza n. 60 del 7 marzo 2023 ha riaffermando la
prevalenza della legislazione nazionale ai fini della corretta applicazione dell’articolo 51 della
Costituzione, che statuisce il principio di parità di accesso alle cariche elettive alla luce del principio di
uguaglianza ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione, chiarendo così ulteriormente che nel sistema a
elezione diretta il limite al numero massimo di 2 ai mandati del Sindaco ex art. 51 TUEL sia un limite
invalicabile per la normativa regionale, anche ove sussista un’autonomia normativa primaria regionale in
tale materia.
In materia si ricorda come già intervenne la Legge 165/2004 e in Veneto la legge Regionale n. 5 del
2012 n.5.
Nulla esclude che una volta interrotto il mandato per una legislatura, poi si torni a candidarsi alla stessa
carica o in altre consessi legislativi nazionali o regionali.
Quindi, è una questione prettamente legata alla durata del mandato del singolo che ha un potere
veramente pregnante come nel caso dei Presidenti di Regione e dei Sindaci oltre i 15000 abitanti.
PERCHÉ NO
La legittimazione al potere e a governare passa inesorabilmente a ragione nelle democrazie moderne
attraverso l’esercizio del diritto di voto e l’espressione dello stesso attraverso i risultati elettorali che
hanno legittimato e investito uno dei competitor.
Se tale legittimazione passa attraverso i cittadini occorre dunque dare agli eletti, attuali quanto del
passato, altrettanto pari opportunità di accesso alle cariche elettive e pari uguaglianza innanzi alla legge,
a qualunque livello e grado di amministrazione, dal più piccolo dei Comuni alla carica di Premier, oggi
oggetto altrettanto di possibile riforma ai fini della elezione diretta.
Concedere dunque a chiunque di poter governare senza limitazione temporale alcuna se a volere tale
eventuale illimitatezza siano i cittadini, è una delle ragioni da tenere favorevolmente alla base delle
ragioni di coloro che propugnano tale diritto.
Tuttavia, una possibile quanto evidente discrasia sta nella reale volontà di conoscere dai cittadini in
forma chiara se di tale illimitatezza siano certi o se, altrimenti, sia evitabile, e non oltre modo non dando
per scontata né l’una né l’altra.
LA SOLUZIONE?
Risiedere nella capacità di discernere e nella volontà di partecipare al processo legislativo dei cittadini,
sulle orme di quanto accaduto in alcune Regioni nell’ottobre del 2017, un referendum può e potrà porre
le basi per far esprimere gli elettori in forma sì inequivocabile affinché ogni livello di governo sia
legittimato temporalmente, è quanto di migliore che gli eletti possano chiedere.
Una volta legittimati in tale forma, chi potrebbe mai eccepire loro nulla?
Avv. Giuseppe Marra