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LA SCUOLA NON PUÒ ESSERE AUTORITARIA

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La scuola rappresenta l’Istituzione che esercita giustamente una sua autorità se riferita al suo campo d’azione, l’educazione e l’istruzione, la formazione e la crescita civile dei nostri ragazzi. L’autorevolezza della scuola riguarda le modalità grazie alle quali porta a segno i suoi obiettivi.
L’ultimo provvedimento del governo rispetto al voto di condotta è un’altra cosa ancora. Non ha a che fare con autorevolezza e autorità, è una minaccia, come quelle che si fanno ai bambini: non studi, bene, allora non andrai a calcio.
Ti sei comportato male, devi pagare la tua colpa e io ti boccio o ti do il debito in Cittadinanza e Costituzione. Ma non è così che si risolveranno i problemi comportamentali.
Innanzi tutto si deve insegnare il rispetto e qui entra in gioco l’autorevolezza: se si chiede di arrivare a scuola in orario e poi l’insegnante stesso arriva in ritardo, salta il buon esempio è che alla base di qualsiasi rapporto educativo.
Le norme valgono per tutti e quindi vanno condivise. Gli alunni devono capire i motivi per cui una cosa la si può fare ed un’altra no. Ma i regolamenti appartengono anche ai genitori, i quali, sempre più incattiviti nei confronti di docenti e presidi, minacciano i ricorsi al Tar.
Il dialogo e l’ascolto possono aiutare a riportare le cose nella giusta direzione. Una scuola che non parla con i suoi utenti è fallita in partenza, una scuola che non accoglie, non educa, non insegna i fondamenti della convivenza civile.
C’è chi dice, si ritorni ad insegnare l’Educazione Civica, ma la cittadinanza non può essere una materia, è un continuo esercizio che dovrebbe coinvolgere tutti i docenti in ogni momento del loro lavoro.
L’educazione al rispetto, alla solidarietà, alle regole della convivenza civile non dovrebbe spettare al solo docente di Lettere…
E poi lo si sa restano i recidivi, quelli per i quali le regole sembrano fatte solo per essere trasgredite. Sono ragazzi al limite, borderline, si dice, a volte anche underdog, che non hanno la forza per uscire dai loro limiti. La scuola autorevole mette in campo tutto ciò che può aiutare: corsi pomeridiani, attività integrative, più sport, il servizio ascolto… La scuola autoritaria, mette note, sospende, boccia.
Racconto un episodio della mia lunga carriera scolastica. Avevo ricevuto una supplenza breve in una scuola che praticava il tempo pieno alla fine degli anni settanta. Durante le lezioni pomeridiane, dedicate allo studio individuale, richiamai un alunno che non faceva nulla e disturbava. Ero giovane ed inesperta, così ricorsi alla classica tecnica del ricatto: “Guarda che ti metto una nota!” Lui mi rispose tirando fuori, con fare minaccioso un coltellino. Infuriata, riuscii a prenderglielo e annotai sul registro di classe la cosa e poi lasciai perdere quel ragazzo che avrebbe potuto farmi del male.
Finite le lezioni andai dal preside e riferii l’episodio ma, con mia grande sorpresa, mi disse: “E allora? Lei pensa di aver fatto la cosa giusta?” Mi lasciò con questa domanda che mi accompagnò per tutta le serata, fino al giorno dopo, quando andai a verificare quello che potevo conoscere di quel ragazzo. E così capii che la nota era stata per lui l’ennesima dimostrazione della sua emarginazione, del suo essere non accettato. Invece di richiamarlo avrei potuto sedermi accanto a lui e aiutarlo a studiare.
Lezione imparata, ancora ringrazio quel preside, allora si chiamava così, e applicata in ogni momento del mio lavoro. Non ho mai avuto problemi con i miei ragazzi che oggi sono grandi, padri di famiglia, lavoratori seri.
Con le minacce non si vince, con l’ascolto, la partecipazione e l’impegno si possono far crescere cittadini consapevoli e il voto in condotta non sarebbe di certo un numero.

Rosanna Frizzo

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