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GIORNATA DELLA CONSAPEVOLEZZA SULL’AUTISMO: MOMENTO DI RIFLESSIONE VERA O ANCORA UNA VOLTA UN’OCCASIONE PERSA PER CAMBIARE?

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Ogni giorno del nostro calendario è dedicato alla celebrazione di qualche giornata speciale: la giornata dei Diritti Umani, dell’Infanzia, della Scuola, della Terra, dell’Acqua, della Memoria, del Ricordo… In tutto 140 possibili situazioni per richiamare l’attenzione di noi tutti su sollecitazione di Organizzazioni ed Enti senza scopo di lucro. Il 2 aprile quella dedicata alla Consapevolezza sull’Autismo ovvero l’occasione per riflettere su quello che realmente è l’autismo, e su cosa si possa fare per riuscire a garantire alle persone che ne sono colpite una vita piena e soddisfacente. Il colore che accompagna la giornata è il blu e magari in qualche città dei palazzi si sono colorati di blu. Per cogliere il significato del colore blu, bisogna capire che cos’è l’autismo. Si tratta di una disabilità permanente che riguarda la sfera del comportamento di cui ancora non si conoscono le cause, ma dall’osservazioni delle situazioni, sempre più numerose, di autismo si riconosce un ampio spettro di condizioni: da individui ad alto coefficiente cognitivo, ma incapaci di relazionarsi agli altri, a chi è completamente isolato e non sviluppa alcuna capacità di relazione. Il blu non come un unico colore dunque, ma colto in tutte le sue sfaccettature così come l’autismo non può essere definito come condizione unica, ma diversa a seconda delle persone e delle situazioni, il che comporta anche forme di assistenza diverse.
Molti passi avanti sono stati fatti. Le persone autistiche in passato venivano etichettate come strambe e per questo isolate e spesso, alla morte dei genitori, finivano nei manicomi o strutture simili.
Oggi si sa che è possibile intervenire e favorire anche per queste persone una vita soddisfacente e nella giornata della consapevolezza le famiglie dovrebbero avere risposte di anno in anno più confortanti. Ma il più delle volte non è così, anzi la giornata diventa l’occasione per stringere sempre più le maglie di una rete di protezione che eviti l’umiliazione di vedere gli altri ridere del proprio figlio, o lo sguardo severo di chi non sopporta certi comportamenti. E’ così per i bambini autistici, si pensi alla Preside che invita una docente di sostegno ad allontanarsi con lo studente autistico durante un’assemblea, ma è così per tanti altri bimbi con disabilità che il nostro ordinamento scolastico vuole integrati nelle classi, che tuttavia sono emarginati in aule speciali con i docenti di sostegno. La normativa definisce il docente di sostegno come un aiuto attivo nella classe che registra la presenza di un disabile, non un maestro personale. Là dove è possibile dovrebbe lavorare insieme alla classe per coinvolgere lo studente affidatogli in modo che sviluppi e migliori le sue potenzialità speciali. Non è sempre così, purtroppo! E alla fine di un percorso, attraverso tutti gli ordini di scuola, si arriva ad uno pseudo titolo di studio, che non servirà a nulla, all’interno delle associazioni che accoglieranno questi adulti diversi, destinati alla solitudine.
Alla luce di recenti prese di posizione, in una scuola per la quale ci si preoccupa della percentuale di studenti stranieri per classe, anche se nati in Italia, c’è veramente spazio per chi ha bisogni speciali? A ragazzi speciali docenti speciali, vien da dire, ma non è così perché spesso i docenti di sostegno sono diventati tali perché non sono riusciti ad avere altre cattedre di insegnamento, sono precari e insoddisfatti, in attesa di concorsi. La disabilità invece può essere una risorsa se condivisa, se diventa condizione di scambio, soprattutto se si applicasse la normativa e si investissero risorse vere per questo settore. Se si sostenessero quelle iniziative che coinvolgono in modo fattivo i ragazzi con disabilità aprendo bar e ristoranti a loro affidati o potenziando i momenti di cultura e sport per tutti veri veicoli di integrazione. Per questo merita una menzione speciale il Baskin, lo sport che abbatte veramente le barriere e coinvolge oltre che giovani atleti con disabilità e normodotati, anche i loro genitori che finalmente non si sentono più soli. Provare per credere! A Montecchio Maggiore si possono seguire le partite dell’Associazione sportiva Karibu, a Vicenza quelle del GSA Baskin, e ancora i Bears Baskin di Isola Vicentina.

Rosanna Frizzo

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I Karibu di Montecchio Maggiore
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