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L’ARTE DEL FOTOGRAFARE NEL NOME DI UNA FAMIGLIA CHE SCELSE ALTE CECCATO PER LA SUA SPECIALE ATTIVITÀ

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Era il 1954, quando Mosè Cabalisti arrivò ad Alte Ceccato in aiuto al cugino che gestiva una scuola guida proprio lì. Racconta il figlio Paolo: “Lui aveva la patente e quindi si mise a disposizione della scuola e faceva le lezioni in auto lungo le vie di una realtà in piena crescita. Tutto stava per nascere, per essere costruito e quindi decise di aprire nel ‘55 il suo negozio di fotografo, vicino a quella che in quel momento era la Casa della Calza. Nella sequenza degli esercizi commerciali, a destra della casa della Calza, c’era il Bar Fontana, alla destra del nostro negozio la Farmacia delle sorelle Muraro. Di fronte ancora non era stato costruito il palazzo che offrirà dimora a molti tecnici e professionisti della Ceccato e c’era anche il distributore di benzina Marchetto.”
Tutto quello che serviva come aveva previsto il fondatore Pietro Ceccato.

“Io arrivai ad Alte nel 1958, a dicembre, avevo pochi mesi, dato che ero nato a giugno. Abitavamo in un appartamento sopra al negozio e ricordo, da bambino, che giocavo in strada con tanti miei coetanei. Sono quindi cresciuto con questa realtà ogni giorno sempre più dinamica e viva. Viale Stazione era bellissima, piena di movimento e di opportunità. Palazzi che nascevano, negozi che aprivano…“

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Alte Ceccato – anni Cinquanta – Archivio Storico Foto Cabalisti

Il nostro seguiva il papà fotografo ed imparava. Era un ragazzino che stava in camera oscura per la stampa delle foto che il padre faceva quando era chiamato dalle aziende a raccontarne la produzione per i cataloghi. E di aziende che stavano crescendo ce n’erano molte oltre alla Ceccato, la Peripoli, la FAV, la Bisazza.

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Paolo da ragazzino

Cabalisti fotografo si specializza quindi nella fotografia industriale e commerciale, ma nasce come reporter sportivo. Ricorda infatti il figlio che Mosè, giovanissimo, era garzone presso importanti fotografi di Vicenza, Ferrini e Vajenti. Però la domenica andava allo stadio e per Sandrini faceva foto durante le partite del Vicenza. Per questo aveva siglato un particolare accordo con la casa editrice Rizzoli per l’invio di foto. Il tutto tramite l’autista dell’Autostradale della tratta Venezia Milano. Nel contratto, datato 4 ottobre 1945, vi è anche l’invito a dare all’autista una mancia, che sarebbe stata rimborsata, con l’invito di consegnare il plico in piazza Cairoli a Milano. La prima partita fu quella del Vicenza contro la Sampierdarena il 14 ottobre. Se la foto veniva pubblicata Il giovane Mosè riceveva 100 lire, un buon incentivo per chi amava la fotografia e sognava di iniziare un’attività in proprio.

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Archivio Storico Foto Cabalisti

Di Mosè sappiamo di più attraverso l’ultimo lavoro dello storico Luciano Chilese. Ebbe un ruolo attivo nella Resistenza: teneva infatti i contatti con il CLN di Montecchio e, tramite il Partito D’Azione, andava in soccorso delle famiglie dei partigiani. Ed era giovanissimo!
C’è tanto amore nei confronti del padre da parte di Paolo che lo descrive come un uomo aperto al mondo e generoso che ha fatto crescere un’attività diventata nota in città e fuori città. Che ha fatto crescere quattro figli e soprattutto gli ha trasmesso la passione per la fotografia. “Ho seguito molti corsi in Italia e all’estero per affinare le tecniche, ma la mia passione è il ritratto. Fotografare il volto di una persona non è semplice. Ha bisogno della luce giusta, c’è da rispettare la giusta collocazione nello spazio, ma soprattutto è necessario cogliere l’anima di chi viene fotografato”.
Così mostra con orgoglio la fotografia di una bellissima mamma che allatta la sua piccola: “Questa foto non doveva essere fatta. La signora, venuta in negozio per altro, mi chiese se poteva allattare la bimba che piangeva. Lo fece e in un attimo ho colto il momento speciale per fissare per sempre quella scena.”

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Il quid che rende il ritratto unico, la dolcezza del gesto, la tenerezza dello sguardo, la luce. E con i suoi ritratti Paolo ha partecipato a mostre a Vicenza e a Trissino, mentre ha vinto il premio di miglior fototessera a fine anni Ottanta, quando la fototessera era un ritratto e non una segnaletica.

“Per ogni tipo di foto ci sono regole ed accorgimenti che non possono essere trascurati anche per la foto tessera per la quale ci sono vincoli ben precisi. Se non sono rispettati, e succede spesso per chi fa le foto al supermercato, vengono stracciate all’anagrafe e si deve accettare lo scatto fatto con il telefonino dell’impiegato. Per questo molti stranieri vengono in negozio per avere foto fatte bene. In particolare sono molto esigenti gli Indiani, più precisamente i Sikh”.

Il mondo della fotografia ha registrato in pochi anni cambiamenti straordinari, quasi inimmaginabili. Il digitale ha cancellato in un attimo tutta la teoria legata alla realizzazione di una buona foto e tutti pensano di poter fare i fotografi. Ma non è così. Dietro ad ogni foto c’è una ricerca, c’è lo studio delle condizioni migliori per non sbagliare: penso alle foto di Comunioni e Cresime, per le quali mi sono specializzato. E’ un attimo sbagliare e non cogliere il momento fatidico. Quando si lavorava con il rullino, si doveva rimpostare lo scatto in fretta con il rischio di veder scorrere il momento. E poi i genitori chi li sentiva! Oggi con il digitale si può procedere in sequenza e si può apportare correzioni. Il digitale semplifica, riduce il rischio di non far bene, ma proprio per questo le aziende si arrangiano per la realizzazione dei loro cataloghi. Addirittura c’è chi si sveglia il mattino e si propone come wedding photographer. Ma oramai sono sempre meno anche i matrimoni. Purtroppo fare il fotografo è sempre più difficile. Se non ti specializzi rischi di fallire. Noi abbiamo risposto ai cambiamenti investendo su macchine speciali, come il totem dove scaricare le foto del cellulare per stamparle. Abbiamo allestito set dove rispondere alle esigenze delle persone, per la realizzazione di book o particolari ritratti”.

Si colgono le esigenze del cliente, si studiano le possibili soluzioni e poi si procede con gli scatti che non necessariamente devono essere molti. Fissare un volto, un oggetto e dargli un’anima è il compito del fotografo. Così mostra l’ultimo scatto fatto con il direttore della Fiamm o la foto di cui è molto fiero di un pianoforte a coda preso dall’alto e fatto per la ditta Borgato. Ma c’è anche l’intuizione di festeggiare l’arrivo di un bimbo ritratto all’interno di uno scatolone postale. Sono prodotti che dimostrano che la fotografia è un’arte, che il fotografo non è un semplice artigiano, è un cultore della bellezza perché la sa immortalare per donarla agli altri.

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Agli amici di sempre Paolo ha regalato uno scatto che riprende la famosa foto dei lavoratori sospesi sopra New York durante una pausa. Foto iconica ma con sullo sfondo Montecchio e tanti allegri imprenditori e professionisti della città.

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Nel tempo l’azienda è comunque cresciuta e ha cambiato sede. Il primo cambio negli anni Novanta, restando però sempre in viale Stazione. Nel 2010 si è spostata a Montecchio in pieno centro. “Non sentivo più Alte come mia, non mi piaceva più stare lì!”

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Nel negozio di via Alton nel cuore di Montecchio è coadiuvato da Virgina, fotografa specializzata in paesaggi, co-autrice di un calendario da tavolo in bianco e nero, molto suggestivo. Anche la nuova sede è testimone di una lunga carriera, ma è il retro la zona più interessante perché nasconde di tutto e di più. Attrezzature per scenografie particolari, abiti e travestimenti, pupazzi, e poi in fondo ad una scala la sala dove Paolo lavora e dove organizzava, prima del lockdown, veri e propri corsi di fotografia.

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Qui conserva l’ingranditore del papà, un pezzo storico. Tutto intorno gli attestati dei corsi svolti, le foto e gli articoli di giornale che parlano di lui.

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Un articolo pubblicato sul mensile Punto Ovest – maggio 1996

Li tiene in un atelier che ricorda la bottega di un artista, lontano dagli occhi della gente: ”Non sono una persona che ama esibire, amo il mio lavoro e mi dispiace che sia tanto cambiato. Oggi tutti si sentono in diritto di essere fotografi e questo mortifica un lavoro che richiede preparazione, attenzione, accorgimenti speciali.”

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“Non a caso nel 1995 l’Amministrazione Comunale consegnò a mio padre la chiave della città, riconoscendogli la professionalità di artigiano che ha fotografato migliaia di visi ed eventi legati alla comunità. Oggi i giovani non sanno che cosa sia un rullino, ma vivono di scatti che riempiono i social. Una bella foto è un’altra cosa!”

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Lui che ha fotografato Anna Magnani, è convinto che la foto sia espressione dell’anima, quell’essenza che il bravo fotografo deve cogliere per rendere il ritratto unico.
“E non è vero che ci sono persone fotogeniche e altre no. Tutti se sono ben predisposti e del giusto umore possono risultare bellissimi. L’importante è sorridere, perché se sorridi la foto viene meglio!”

Rosanna Frizzo

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Paolo Cabalisti
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