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LR VICENZA. A VERCELLI NON BASTANO 95 MINUTI PER PAREGGIARE

Ferrari

La giornata n. 7 è stata difficile per tutt’e tre le candidate alla vittoria del Girone A: pareggio per Triestina e Padova e prima sconfitta in campionato per l’LR Vicenza a Vercelli. Quest’ultima è stata una partita che si è svolta in modo particolare perchè la Pro Vercelli è passata in vantaggio, su ripartenza, al secondo minuto e, per i successivi 95 l’LR Vicenza è stato pressochè unico titolare della costruzione del gioco nel tentativo, quanto meno, di riequilibrare il risultato. Ma il grande impegno profuso dai biancorossi ha dato zero risultati e, così, sono stati mancati contemporaneamente i due obbiettivi della vigilia: la terza vittoria consecutiva e l’aggancio del Padova in testa alla classifica.
Un paio di domande su questo rovescio è il caso di farsele. La prima è: com’è possibile che una squadra del rango e della qualità del Vicenza prenda un gol in quel modo e in quel momento? Premesso che una buona parte del merito va assegnata ai giocatori della Pro, che sono stati molto bravi a lanciare il contropiede e a finalizzarlo, le responsabilità dell’accaduto sono chiare: Ronaldo commette un errore madornale sbagliando un passaggio laterale e mettendo la palla sui piedi di un avversario (che staziona a pochi metri!). Prima, però, ha sbagliato Golemich che, in uscita, ha servito il brasiliano (che ha le linee di passaggio interdette) anzichè un compagno in fascia o, magari, il portiere. Insomma, un pasticcio generale, condito forse da una concentrazione non al top in avvio di gara.
Seconda domanda: com’è possibile che il super qualitativo Vicenza non riesca in un’ora e mezza di gioco non solo a piazzare la remuntada ma nemmeno a pareggiare? E sì che l’avversario non era propriamente uno dei top team del Girone ma una squadra con una rosa che vale tre milioni meno di quella vicentina e che è scesa in campo con tanti giovani, a cominciare da un portiere (Sassi) di vent’anni, un laterale (Spavone) di 19 e un’attaccante (Maggio) di 21 e che, come primo cambio, fa esordire in campionato un ragazzino di 17 (Rutigliano).
Non ostante, insomma, i giocatori di Diana si trovassero di fronte un gruppo di colleghi volenterosi e motivati ma che certo non si sarebbe potuto definire una invincibile armata, non sono riusciti quasi mai ad attentare all’inviolabilità della porta avversaria e, quando lo hanno fatto, è stato con poca precisione e sempre con palle sporche.
La responsabilità di ciò è sia del centrocampo che dell’attacco. Il primo reparto, sia nella versione iniziale (Costa, Proia, Rossi, Ronaldo, De Col) che in quella modificata con i cambi (Costa, Greco, Cavion, Jimenez, De Col) non ha prodotto un gioco lucido e difficile da contrastare. La corsa non è mancata ma ci sono stati, soprattutto nel primo tempo, tanti errori e la solita prevedibilità. Del resto, è ormai evidente: quando il 90% dei palloni da portare oltre la metà campo finisce sui piedi di Costa, vuol dire che, nelle altre zone del centrocampo, qualcosa non funziona. E va così dall’inizio del campionato.
L’attacco risente di questa scarsa efficacia del reparto mediano perchè i rifornimenti sono molto spesso scadenti per precisione e tempestività. Difficile, così, fare bella figura per un attaccante, ma è giusto riconoscere che le punte biancorosse, in questa fase iniziale del campionato, non stanno certo brillando.
Ferrari (nella foto), un anno fa, aveva già firmato sei reti (nessuna su rigore) mentre oggi solo quattro (con due penalty) e, in generale, l’argentino è meno efficace e produttivo che in passato. Gli altri attaccanti a disposizione di Diana (Rolfini, Pellegrini e Della Morte che non è una punta pura) non sono stati, finora, più pericolosi del numero 9, tant’è che lo stesso allenatore non ha ancora deciso quale modulo adottare davanti. Mancano, eccome, due tipi come Dalmonte e Stoppa, capaci di crearsi le occasioni da gol.
A Vercelli questi limiti sono risultati evidenti e hanno penalizzato il Vicenza, che non è riuscito ad essere concreto come in altre occasioni per ovviare alle irrimediate impersonalità e scontatezza del gioco.

GIANNI POGGI

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