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VICENZA. IL BUCO NERO DI VIALE MILANO. È ORA DI CAMBIARE

viale Milano

È un problema che non si può o che non si vuole risolvere? È il problema della rigenerazione del rione che ha come asse viale Milano, quello che qualche genio ha battezzato “Quadrilatero” alla faccia della geometria (trattasi piuttosto di un triangolo, basta guardare Google Maps), definizione subito adottata semplificatoriamente dai media.
Un po’ di storia. La via nasce agli inizi del Novecento (è popolarmente chiamata “La strada del tram” e diventa viale Milano nel 1911) per collegare la stazione ferroviaria con il nord della provincia. L’area è chiusa a sud dallo stabilimento chimico Magni, a est da pensiline, depositi, officine e binari delle Ferrotranvie Vicentine (proprietà Marzotto), a ovest dal Foro Boario. Dopo la guerra tutto cambia : FTV si sposta a ridosso della stazione ferroviaria e l’enorme area diventa una straordinaria zona edificabile, a due passi dal centro, dalle mura, dal parco e da Monte Berico. Vincoli non ce ne sono o, se ci sono, nessuno li oppone. Non si sa a chi ma a qualcuno viene l’idea di costruire sui due lati del viale una doppia cortina di palazzi, di creare proprio lì la piccola Manhattan vicentina. Una visione di modesta portata culturale e intrisa di provincialismo ma suggestiva in quegli anni della Ricostruzione.
C’è, sottostante, un’ingegnosa idea di marketing: viale Milano sarà la via della nuova borghesia emergente di Vicenza e, infatti, in pochi anni vanno ad abitarci industriali, manager e professionisti, la crème della città. Dai bordi del viale il rione si espande e assume una dimensione importante grazie anche all’anomalo insediamento in una zona residenziale di enti statali (INPS, Inail). La ciliegina è la costruzione del grattacielo Everest, uno degli orrori di Vicenza, incombente sulla Basilica di san Felice. Nel progetto dovevano essere quattro le torri affiancate, per fortuna ci si è fermati a una e per di più mozza.
La fortuna della “Manhattan de noantri” dura due decenni. I ricchi se ne vanno, preferiscono le ville in collina e lasciano gli appartamenti a tutt’altra popolazione: sono i nuovi immigrati a cui i proprietari delle abitazioni più popolari le affittano come dormitori. Quattro soldi in nero e amen alle case devastate. Ovviamente nessuno si accorge di nulla, anche se il Viale e le strade limitrofe assumono progressivamente l’aspetto di un quartiere nordafricano, se ai vecchi negozi si sostituiscono bazar etnici e phone center, se agli extracomunitari si mischiano delinquentelli e spacciatori. Le pubbliche amministrazioni si disinteressano, il rione decade anche nell’arredo urbano e nella viabilità, il buco urbanistico di piazzale Bologna è perfino peggiorato dalla maxirotatoria a uso bus STV. Il Viale per anni è a senso unico e diventa una pista per sgommate notturne e un imbuto del traffico nei giorni cruciali.
Questo è da vent’anni il rione di viale Milano. Nessuna idea urbanistica, nessun progetto sociale, nessuna nuova destinazione. Un obbrobrio a due passi dal Centro Storico e dal Teatro Comunale, a pochi metri da Campo Marzo e ai piedi di Monte Berico. Intanto i palazzi invecchiano e s’incupiscono, i marciapiede sono sconnessi e “taconati” alla meglio, l’illuminazione pubblica è da periferia. Al sabato pomeriggio si fa fatica a passare nei capannelli della gente di tutte le etnie che socializza a bordo strada, dopo cena e di notte è meglio non girare perchè le bande di spaccini smarginano per regolare i conti.
Ogni tanto la Questura blocca via Torino con grande clamore, controlla arresta e espelle, ma, il giorno dopo, è tutto come prima. La Polizia Locale fa ogni sei mesi qualche ronda automobilistica che non spaventa nessuno. La sporcizia è ormai radicata anche perchè nessuno spiega agli “occupanti” che lattine e cartocci si buttano nei cestini e che non si fa pipì sui muri (evidentemente bisogna spiegarlo). I negozi gestiti da stranieri sono sempre aperti, alla faccia dei regolamenti annonari.
Il sindaco Possamai ha fatto un passaggio in Viale durante la campagna elettorale e ha promesso attenzione. Perchè non delega a un consigliere comunale la materia? Perchè non crea uno staff di consulenti per progettare qualcosa? Questo è il momento giusto.

GIANNI POGGI



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