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MONTECCHIO CALCIO: UNA STORIA LUNGA CENT’ANNI. INIZIAMO A RACCONTARLA.

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Secondo quanto tramandato nel tempo e riportato nei documenti ufficiali, l’U.C. Montecchio Calcio è stata fondata nel 1923. Non si conosce la data esatta, si sa per certo che solo dopo la Seconda Guerra Mondiale esiste una squadra di Montecchio Maggiore che partecipa ai primi campionati provinciali.

Ora l’U.C. Montecchio Maggiore è conosciuta come la società di Patron Romano Aleardi, suo Presidente dal 1989 e solo ultimamente sostituito dal nipote Mattia, ma il Montecchio resta pur sempre la sua creatura. Con lui è passata dalla Seconda categoria alla serie D e ha sfiorato il salto in C: una storia tutta da raccontare, ma è bene partire dalle origini.
Per fare questo ilpunto.news, che pubblicherà la storia della società castellana a puntate, ha deciso di seguire una linea che ben gli si confà, quella giornalistica.

Non esistono documenti ufficiali e la ricerca storica, se mancano le fonti certe, rischia di ridursi a pochi fatti, ancora da verificare. Fra i tifosi dell’U.C. Montecchio Maggiore c’è chi asserisce che la data del 1923 corrisponda a quella di nascita del Cav. Ovidio Agosti, che nel dopoguerra guidava la società biancorossa e nella quale aveva militato da giovane. A lui il merito di aver creato la prima Polisportiva a Montecchio, favorendo così la diffusione della pratica sportiva in un paese che usciva dalla ristrettezze della guerra e stava crescendo economicamente e socialmente intorno ad importanti realtà industriali come la Ceccato e la FIAMM.
Ma del periodo precedente che cosa si sa?
Ce lo racconta Scipione Cornolò, classe 1923, in teoria coetaneo del Montecchio.
“Sono stati gli inglesi a portare il calcio a Montecchio. Durante la Prima Guerra Mondiale, alcune compagnie erano di stanza qui e amavano, nel tempo libero, cimentarsi in questo gioco, molto diffuso da loro. Giocavano nella piazza del comune e i giovani li guardavano e imparavano. Ma non c’erano spazi organizzati, né squadre ufficiali.”
Intanto erano già nate alcune società calcistiche, tra queste il Vicenza e assistere alle partite di campionato stava diventando un’abitudine diffusa tra i giovani.
“Io ho cominciato a giocare a calcio nel campo dell’oratorio Sant’Antonio negli anni trenta, perché abitavo lì e mi piaceva correre dietro alla palla. In estate arrivava Romeo Menti, che aveva dei parenti in zona e amava trascorrere del tempo sotto i nostri castelli. Veniva per allenarsi e noi giocavamo con lui e imparavamo. Allora non c’era una società del Montecchio calcio. C’erano gruppi di ragazzi, organizzati per quartiere, che si sfidavano. Si giocava davanti al comune o nel campo di San Vitale o in quello dietro le scuole Manzoni. Spesso si finiva in rissa, ma era normale visto che non esisteva l’arbitro.”
Purtroppo la guerra ha messo fine al Torneo dei Quartieri. Molti giovani sono stati arruolati. Il nostro Scipione partì come motociclista di scorta in Croazia. Dopo l’8 settembre fu fatto prigioniero.
“Il giorno del mio compleanno, il 27 settembre, ho festeggiato nel treno che mi portava nel campo di concentramento. La mia fortuna è stata che ero un meccanico tornitore, così sono stato impiegato nelle fabbriche tedesche. Tornavo al campo solo per dormire. E questa è stata la mia fortuna.”

Dopo la capitolazione del Reich, il nostro lasciò il campo di concentramento e vagò nelle campagne, lavorando nei campi al servizio delle donne locali, in cambio di qualcosa da mangiare, ma intanto si cercava di tornare a casa. Un commando americano offrì al gruppo di ex prigionieri italiani, di cui Scipione faceva parte, un camion con il quale tentare il ritorno, a condizione che seguissero tutti percorsi secondari. Il nostro arrivò così a Vienna dove i comandi alleati lo affidarono ad una colonna di camion in viaggio per l’Italia. Un viaggio assai particolare ed emozionante. “Mamma mia erano tutti neri!”
La fine dalla guerra segnò il ritorno alla vita che Scipione aveva lasciato e quindi anche il ritorno al gioco del calcio, la sua passione.
“Abbiamo cominciato con il rimettere a posto il campo di calcio, quello vicino all’asilo Dolcetta. Lo abbiamo liberato di tutto quello che la guerra aveva lasciato. Abbiamo riempito le buche utilizzando il materiale dell’esplosione del 9 maggio del 45 all’asilo”. Avanti e indietro con le carriole insieme a Gino Cosaro e a tanti altri giovani che avevano voglia di tornare a giocare.
Tra il ’46 e il ’49 i ragazzi che avevano messo a posto il campo di via Lorenzoni si chiamavano Montecchio Maggiore e giocavano in Prima Divisione contro le squadre della zona e contro le contrade del San Pietro, La Valle, della Fossa e della Vasca. Era ripreso il torneo del Quartieri, quello che aveva avviato nel ’38 il Podestà Ceccato.
E così si arriva al 1949, all’anno in cui Pietro Ceccato fondò la società calcistica che prese il nome di Ceccato – Montecchio, iscritta al campionato provinciale. Era anche un modo per pubblicizzare la moto che la sua azienda di Alte produceva. Ma per questo aveva bisogno di rinforzi. “Grazie al Presidente del Vicenza, il marchese Roi, ottenne che con noi giocasse Emanuele Dalla Fontana che ci ha fatto fare un campionato super e ci ha portato alla finale contro il Minerva nel campo di Vicenza. Eravamo abituati ad un campo più piccolo e ci siamo persi. Abbiamo perso 2-1. Dalla Fontana tornò a Vicenza e poi arrivò in serie A con il Torino”

Intanto anche la storia di Scipione con il Montecchio e con il calcio si interruppe. Se ne andò a lavorare in Francia, migrante come tanti lontano da casa. Ma portò sempre nel cuore la sua squadra fino a diventarne, ancora oggi, il tifoso numero 1.

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