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LA PASTICCERIA NARDI, UN PRESIDIO DI DOLCEZZA E DI TRADIZIONE 

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La pasticceria Nardi è una delle prime attività commerciali nate ad Alte Ceccato. Era il 1956, cominciava a crescere quella realtà urbana tanto cara a Pietro Ceccato che voleva una cittadella intorno alla fabbrica, con le case degli operai sul modello di Schio e di Alessandro Rossi. Purtroppo, l’imprenditore non ha visto la realizzazione dell’ambizioso progetto, ma Alte ha cominciato fin da subito ad attirare persone e famiglie. Un luogo di frontiera, aperto al nuovo e quindi allo sviluppo e come tutti i luoghi di frontiera fluido, accogliente.

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Lo fu anche per Giuseppe Nardi, originario di Caldogno che, subito dopo la guerra, era partito per Milano in bicicletta alla ricerca della fortuna. Non aveva ancora vent’anni e trovò da lavorare ad Arona, presso un panificio con laboratorio di pasticceria. Nessuno nella sua famiglia aveva praticato l’arte della panificazione prima, fu l’aver incontrato il titolare del laboratorio lombardo che gli aprì la strada della pasticceria. Osservò, imparò, si mise alla prova e tornò dalle sue parti. Intanto si cominciava a parlare di Alte Ceccato, di un luogo dove tutto doveva crescere: lì avrebbe potuto dar vita alla sua attività e dimostrare di essere un vero pasticcere.
“Ci fu però un problema – racconta il figlio Roberto- non era facile avere i locali, perché tutto era lottizzato e destinato agli operai della Ceccato. Ma lui aveva il cognato di Costabissara che veniva qui a lavorare e che avrebbe potuto richiedere il lotto per avviare l’attività. E così fu”.
La prima pasticceria era uno spazio ridotto. Quello dell’attuale vetrina di ingresso. Il resto dell’edificio era l’abitazione della famiglia che si era formata e cresceva, Moreno, Roberto la sorella Margherita.
Negozio, laboratorio, famiglia, la vita era tutta lì, ma era bella, dinamica, con tante prospettive di crescita.
Roberto racconta: “Io era piccolo, ma ricordo che in negozio era un continuo via vai. A mezzogiorno si chiudeva, però, perché al suono della sirena della Ceccato, che indicava la pausa del pranzo, la via si riempiva di veicoli che sfrecciavano pericolosamente per chi sostava lungo la strada. Poi tutto tornava alla normalità e la pasticceria continuava il suo servizio rivolto sia ad avventori del momento, ma soprattutto ad abitudinari: chi faceva colazione con cappuccino e brioche, chi non poteva non sedersi a leggere il giornale e mangiarsi una pastina. L’aperitivo a mezzogiorno. Poi le domeniche: c’è chi da anni non torna a casa per il pranzo della domenica senza il suo cabaret di paste!”

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Roberto e Moreno

Nel frattempo i ragazzi crescevano e si avviavano all’arte del padre, ma studiavano perché non si poteva non sfruttare l’opportunità che offriva l’Istituto Alberghiero di Recoaro.
“Per la verità io mi sono formato come esperto di sala bar e reception, ma avevo in casa chi mi insegnava e così negli anni settanta io e mio fratello eravamo già attivi accanto a papà. Abbiamo così ampliato l’offerta di cose buone con la produzione di gelato. Nell’occasione frequentai un corso tenuto da un grande gelataio palermitano, Luca Caviezel, e abbiamo dato il via ad un servizio molto richiesto.
Gelato artigianale, genuino, di gusti vari, abbinato alla frutta, alla panna in coppe che erano un vero capolavoro, come mostra il catalogo fatto dal fotografo, vicino di esercizio, Zerbato.”

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“Allora Alte era un luogo pieno di vita: il Boom, il Pub, attiravano molti giovani che amavano fare tappa da noi per un gelato e così si lavorava molto anche la sera.
Anzi c’erano intere compagnie che si fermavano per il gelato, per un cocktail, per bere una cioccolata, mangiare un dolce. La sala che nel frattempo si era aggiunta al negozio (l’ex abitazione di famiglia) era sempre piena. Molti appartenevano ai gruppi parrocchiali, ma altri venivano anche da fuori. Siamo arrivati al punto di essere una grande compagnia che si trovava qui da noi il venerdì sera per prenotare il pranzo della domenica in qualche osteria della zona”.

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Bei tempi! Ma non c’è alcun rimpianto nelle parole di Roberto, solo un attimo di intensa commozione nel ricordare il papà, l’artefice di tutto e mamma Bertilla che serviva al banco.
“Certo negli anni Alte è cambiata molto, ma è giusto così! Sono diversi anche gli avventori. Oggi so che i bengalesi non vogliono prodotti con uova fresche, gli Albanesi e i Serbi sono molto amanti delle cose zuccherate… Ci si adegua, ma noto anche che molti hanno preso gusto ad entrare in negozio e apprezzano le nostre proposte.”

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La specialità della casa è la Bresciana, un dolce importato da Arona.
“Mio padre l’ha proposta ad Alte e si è diffusa ovunque: ognuno la fa a modo suo. Io so che è tra le torte più richieste anche oggi. Segue la Russa, la dorata. Ora mi sono specializzato nella Bavarese. Fra poco partirò con i Panettoni. Ogni giorno le brioche e le pastine.”
A proposito di pastine Roberto mostra il suo laboratorio. In forno sono pronte le tortine alle mele, fra poco infornerà i cannoncini da farcire alla crema. Impastatrici, macchine per montare panna e creme un’enorme sfogliatrice ed infine un gran forno.

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La fragranza della Russa appena sfornata si diffonde nell’aria, un profumo di buono, quello che si avverte e che scalda il cuore.

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Il fratello Moreno oggi è in pensione, ma arriva ad aiutare nei momenti di bisogno.
La moglie di Roberto, Maria Teresa, fa servizio al banco. Purtroppo nessuno dei figli ha in mente di continuare l’attività. Roberto ancora non pensa alla pensione, ma quel momento prima o poi arriverà e allora spera di trovare qualcuno che possa rilevare l’attività.

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Maria Teresa e Roberto
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Tanti locali, tanti esercizi hanno chiuso. La gelateria Svizzera, il bar San Paolo… Qualcuno ha mutato denominazione, come sono cambiate le persone che frequentano la piazza.

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E a proposito di piazza, Roberto lancia un messaggio molto forte: “Le cose cambiano e bisogna accettarlo. Quello che non si deve fare e rinunciare ad esserci, rinunciare alla nostre tradizioni e magari confrontarle con chi ha abitudini e modi di essere diversi dai nostri. Non abbiamo molto tempo e rischiamo di perdere la nostra tradizione, la nostra cultura”.
In attesa che anche chi amministra la città accetti che le diversità sono opportunità e non un pericolo c’è da augurarsi che la pasticceria Nardi non chiuda mai.

Rosanna Frizzo

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