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VASCO ROSSI. LE FRECCETTE A VICENZA? TE LE SEI MERITATE. LA VERA STORIA DEL CONCERTO DEL ’79

Vasco Rossi 1980

“Le scuse della città a Vasco Rossi? Ma se non volevano neanche pagarlo?” Si ricorda bene, anche se sono passati quarantatre anni, cos’è successo al concerto di Vicenza di Vasco Rossi (nella foto del 1980), Gianni Casagrande di Marostica che, all’epoca, era il segretario provinciale del Partito Socialista Italiano. Che c’entra il PSI? “Era maggio del 1979 – racconta – un mese prima delle elezioni politiche anticipate. Per la prima volta era candidata Laura Fincato e il partito aveva organizzato per sostenerla, una domenica (non mi ricordo esattamente la data) in piazza dei Signori, un comizio dell’onorevole Gianni di Michelis, che allora era ministro, e dell’ex segretario regionale Ercoliano Monesi. Tutto è avvenuto nel tardo pomeriggio di quella domenica. In piazza c’era già il palco predisposto per i comizi e, prima del comizio di De Michelis, c’era stato per circa un’ora un piccolo concerto di un gruppo musicale piemontese che suonava musiche medievali. Un nostro collaboratore, che lavorava in Federazione provinciale, ci aveva proposto di fare intervenire come attrazione questo Vasco Rossi, che era un giovane cantante emergente ed era molto ascoltato dai giovani, soprattutto tramite le radio locali. Lo abbiamo ingaggiato concordando di pagare 800.000 lire per il concerto. Il comizio è finito verso le 8 e 45 e, visto che amplificatori e strumenti erano già sul palco, si pensava che, al massimo entro mezz’ora, sarebbe iniziato il concerto. Anche perché a quei tempi i concerti cominciavano alle 21 e finivano prima di mezzanotte. Questo Vasco Rossi si mette a strimpellare, a provare gli strumenti, a verificare se gli amplificatori sono registrati bene e va avanti così per più di un’ora. Il cosiddetto concerto è cominciato alle 22 e 30 quando tre quarti delle persone, soprattutto i giovani, che erano venuti in piazza per lui, si erano stufati e se n’erano andati. Quando poi ha cominciato a suonare, è stato sul palco sì e no tre quarti d’ora, altro che concerto…”
Conferma tutto Gianni Bisson, che all’epoca collaborava alla campagna elettorale di Laura Fincato e, nell’occasione, faceva parte del servizio d’ordine sotto il palco: “il pubblico – ricorda – aveva già cominciato da un pezzo a protestare rumorosamente per il ritardo e la maggior parte se n’era andata. Quelli che sono rimasti lo hanno contestato durante l’esibizione e qualcuno gli ha tirato le famose freccette, ma mi sembra che fossero marginali rispetto al resto.”
“Io – conclude Gianni Casagrande – non ho seguito il concerto. Non ero molto interessato e, soprattutto, avevo approfittato dell’occasione per riunire i giovani segretari di sezione della provincia, soprattutto dei Comuni intorno a Vicenza, con i quali stavo trattando come organizzare la campagna elettorale. Posso dire però che, alla fine, tutti erano a dir poco scontenti tanto che la responsabile amministrativa della Federazione provinciale non voleva neanche pagare Vasco Rossi, diceva che aveva fatto un concerto del tubo, che si era impegnato, che non aveva fatto le cose per bene e così via. Io ho detto no, il concerto va pagato e il Partito non vuole che ci siano polemiche se non lo paghiamo.”
L’episodio vicentino, che Vasco Rossi ha raccontato a modo suo nella prima puntata della serie biografica “Living” in onda su Netflix, va quindi abbondantemente revisionato storicamente e la conclusione è che le freccette non erano così immeritate dal cantante. Meglio per lui se gli sono servite per rinforzare carattere e obbiettivi professionali. Però, per le scuse ufficiali della città, è meglio pensarci un attimo. Perché non invitarlo, piuttosto, a Vicenza per un amichevole chiarimento dopo tanti anni?

GIANNI POGGI

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Matteo
7 mesi fa

Vasco racconta questo episodio circa 10 anni fa a Giovanni Minoli, come punto di rottura della sua carriera, non una critica su Vicenza.
Dalle dichiarazioni qua sopra dell’allora capofila organizzativo emergono due cose che da vicentino, organizzatore di concerti e appassionato di musica vorrei sparissero dalle teste dei miei concittadini:
– il testare gli strumenti detto soundcheck non è una opzione, ma un modo di lavorare che è bene o male identico in qualsiasi tipo di esibizione musicale, di qualsiasi genere, in qualsiasi nazione del mondo (e non un capriccio di Vasco Rossi).
– 50’ di spettacolo sono uno standard ampiamente accettato per un concerto dal vivo di canzoni proprie.
– esser pagati per una prestazione, il prezzo concordato, non dovrebbe esser motivo di stupore, tantomeno da un rappresentante del partito socialista.

Tecnicamente queste dichiarazioni rispecchiano il detto “xe peso el tàcon del buso”

👋🏻 matteo

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