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SANITÀ A RISCHIO COLLASSO.

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Sanità a rischio collasso. La Senatrice Daniela Sbrollini, vicepresidente della Commissione Affari sociali del Senato, a luglio ha usato queste parole forti parlando di una sanità in difficoltà.
Alla senatrice Sbrollini chiediamo di spiegare la ragione di questo suo perentorio giudizio negativo.
Liste di attesa infinite, medicina di base sempre più povera di medici, territori non serviti, prevenzione dimenticata. Gli indicatori sulla Sanità confermano il peggioramento strutturale. Ovviamente i problemi c’erano anche prima della pandemia. La lunga stagione dei tagli, lo sappiamo benissimo, non comincia certamente oggi, ma è del tutto evidente che la pandemia ha esaltato le differenze del servizio tra regione e regione. Anche le regioni che tradizionalmente offrono un Servizio sanitario considerato di buon livello, stanno mostrando carenze importanti. Si segnalano forti differenze presenti anche all’interno delle stesse regioni, tra province e financo tra i comuni che sono serviti in maniera diversa.
C’è stata una richiesta di razionalizzazione e di recupero di efficienza. In molte regioni, non tutte purtroppo, questo è stato fatto. Ma l’impressione è che sia stata privilegiata la razionalizzazione economica a scapito del servizio che è peggiorato. La nota carenza di medici ed infermieri è collegata in buona parte ad un numero chiuso che è totalmente scollegato dal turnover naturale che doveva essere tenuto in conto nella programmazione.
I dati variano da Regione a Regione. E’ la crisi dichiarata di un sistema che dovrebbe essere ‘universalistico’.
Sappiamo quanto sia importante la prevenzione per limitare i costi del sistema Sanitario. Purtroppo ad una situazione, a dir poco complessa, si somma un drammatico impoverimento della popolazione e delle famiglie, che sempre più spesso non si possono permettere un’adeguata prevenzione. Il divario territoriale è spaventoso. Se sei fortunato di vivere in una Regione ricca lo screening è gratuito e sei informato a casa di tutto quello che devi fare. Se invece ti sposti di regione semplicemente questo servizio non esiste. Così la prevenzione non esiste. Peggiora la qualità della vita, di un’intera comunità. Perché l’incidenza di malattie non scoperte per tempo aumenta e conseguentemente allunga le file di attesa, ingolfa reparti che faticano a programmare gli interventi e le cure. Tutto questo contribuisce a mettere sotto stress il sistema nel suo complesso.
Sul tema delle liste di attesa noi abbiamo avanzato delle proposte, trovando anche le coperture finanziarie. Sappiamo peraltro che ci vorrà tempo, forse anni, ma siamo ben consapevoli del fatto che per risolvere questo problema bisogna dare risposte. Sempre che ce ne sia la volontà.
Ci spieghi in cosa consiste questa proposta…
Per abbattere le liste d’attesa di almeno il 30 percento servono subito dieci miliardi di euro. Il ministro Schillaci ne ha chiesti tre. Pochi. Sufficienti solo a tamponare alcune urgenze. Le risorse, i 10 miliardi, vanno recuperate attingendo alla crescita economica che abbiamo registrato nell’anno e mezzo del governo Draghi. Ovviamente il Governo deve decidere quale sia la priorità nell’utilizzo di queste risorse che sono a sua disposizione. Noi pensiamo che investire in salute e in sanità sarebbe una buona scelta.
Questi soldi servirebbero per ridurre anche i divari regionali?
Si. Sarebbe anche il momento giusto visto che è da lungo aperto il dibattito sull’autonomia differenziata. Oggi abbiamo da un lato venti sistemi regionalizzati tutti in deficit, perché sappiamo che anche le Regioni più ricche sono in difficoltà, e dall’altra parte un Ministero della Salute che ha sempre meno capacità sul controllo dei Lea. Inoltre il Ministero non ha competenza nel controllo nemmeno di come vengono utilizzate le risorse. Viene così meno il ruolo di monitoraggio e di controllo, ma anche quello di indirizzo. E l’esperienza del covid ha insegnato che l’indirizzo unico nazionale è importante.
Un ruolo di garanzia, o qualcosa di più?
Al ministro Schillaci, con cui io lavoro benissimo e che considero un grande professionista, non mancano le idee, ma gli strumenti per poter agire. Lo dico al netto delle diverse idee politiche che rappresentiamo. Arrivo quindi a ritenere fondamentale trovare il coraggio di riprendere in mano il Titolo V. Non intendo certamente riportare tutto nelle mani dello Stato, ma ritengo utile e necessario che le linee di indirizzo e il controllo del rispetto dei Lea, degli indicatori più importanti siano coordinate in modo identico in tutte le regioni.

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