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LEGA. LA ESPULSIONE DELL’EUROPARLAMENTARE DA RE AVRÀ RICADUTE IMPREVEDIBILI SULLE ELEZIONI COMUNALI?

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La espulsione dell’europarlamentare Gianantonio “Toni” Da Re dalla Lega, votata dal Consiglio direttivo regionale con 14 voti a favore, 4 contrari ed una astensione, potrebbe avere ricadute imprevedibili in Veneto per il partito del segretario nazionale Matteo Salvini e ciò potrebbe accadere già a breve nelle elezioni europee e comunali di giugno e, nel 2025, nelle regionali.
Da Re, trevigiano di Vittorio Veneto, iscritto da 42 anni alla Lega, aveva dato del “cretino” a Salvini in una dichiarazione e, comunque, appartiene e, a questo punto, si può piuttosto dire capeggia la fazione “veneta” del partito che si rifà alla Lega Nord (e, magari, anche alla Liga Veneta delle origini) inglobata nella Lega per Salvini premier, che quest’ultimo ha trasformato in partito nazionale e che fa parte della coalizione del Governo Meloni.
Toni è uno dei big della Lega in Veneto e lo è diventato salendo progressivamente la gerarchia: iscritto alla Liga Veneta nel 1982, consigliere comunale prima a Cappella Maggiore (il suo paese d’origine) e poi a Vittorio Veneto, segretario provinciale a Treviso e regionale dal 2015 al 2019, consigliere regionale dal 2005 al 2009, sindaco di Vittorio Veneto dal 2009 al 2014 e, infine, eletto al Parlamento europeo.
Non è, insomma, l’ultimo arrivato e, soprattutto, ha intercettato ed è diventato il promotore della linea di malcontento nei confronti del Nazionale (da sempre a trazione lombarda) dei militanti veneti, ai quali non va giù che il partito non sia più il “sindacato del territorio” e pensi piuttosto al ponte sullo Stretto di Messina o al generale Vannacci.
La perdita progressiva di voti che la Lega ha subìto negli ultimi tempi e la sua subordinazione nel Governo (ma anche in regione) alla forza straripante nel Centrodestra di Fratelli d’Italia sono state l’occasione e la motivazione per i dissidenti di cominciare a smarcarsi dalla leadership salviniana. Si è aggiunto, poi, lo stop al terzo mandato per il presidente della Regione Luca Zaia, icona dei leghisti veneti, che accusano Salvini di non essere riuscito a ottenere la riforma che avrebbe permesso la sicura rielezione del governatore. Il segretario e la Lega sono rimasti isolati a Roma nel sostegno dell’emendamento e, così, nel 2025, si prospetta la possibilità di un presidente regionale FDI.
Da Re, dopo l’espulsione, si è richiamato alla sua sussistente appartenenza alla vecchia Lega Nord (da cui, comunque, è stato contemporaneamente espulso) per fare un ragionamento politico tanto elementare quanto concreto: nel territorio una parte tutt’altro che marginale di iscritti, votanti e amministratori non sta con Salvini e una scissione nel partito regionale potrebbe danneggiare irreparabilmente nei prossimi appuntamenti elettorali la Lega, che si troverebbe a dover fronteggiare non solo i candidati di FDI ma anche quelli messi in campo dai leghisti dissidenti. Con il rischio molto concreto di sprofondare ancor di più nelle percentuali di voto.
Il segretario regionale del partito Alberto Stefani ha replicato subito tre cose a Da Re. Primo: chi esce dalla Lega è storicamente destinato a sparire. Secondo: i recenti congressi provinciali sono stati tutti vinti da leghisti e correnti di fede salviniana. Terzo: è quanto meno anacronistico spaccare la Lega alla vigilia dello storico successo dell’Autonomia. Sono fondate tutte queste conclusioni ma non è detto che, come ha fatto a sua volta notare l’assessore regionale Roberto Marcato (altro non allineato con Salvini ma che sta gestendo la sua opposizione dall’interno), stavolta le cose potrebbero andare diversamente.
La Lega nazionale, spesso su posizioni più a destra degli stessi Fratelli d’Italia e non condivise nel più moderato e liberal Veneto di Zaia, non è più sentita dai veneti come il partito che li rappresenta. Le istanze del territorio, che sono sempre state alla base del consenso leghista in regione, sono ancora rappresentate a livello locale ma non nelle attenzioni della segreteria di via Bellerio e, quindi, perchè non tornare a un partito vecchio stampo, a un “Veneto first” parafrasando il motto di Trump?
In fondo i voti si prendono nei Comuni e sono Sindaci e Giunte che danno le risposte concrete alle richieste dei cittadini che li hanno eletti e a cui non possono interessare di meno la battaglie per il premierato o certe opere pubbliche lontane e insensate.
Anche nel Vicentino si cominciano a percepire i segnali della guerra intestina che ha innescato Toni Da Re: in due grandi Comuni come Montecchio Maggiore e Bassano del Grappa, ad esempio, di un candidato sindaco unitario del Centrodestra proprio non si parla, la Lega sembra indirizzata a giocare da sola con un proprio nome e, ora, potrebbe arrivare la discesa in campo di un dissidente a sparigliare il quadro.
GIANNI POGGI

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