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SUPER LEAGUE: TANTI SOLDI PER POCHI CLUB E RIDIMENSIONAMENTO DEI CAMPIONATI NAZIONALI

pallone calcio

Un tribunale spagnolo ha posto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione di legittimità, rispetto alla normativa sulla concorrenza, della pretesa di esclusiva di UEFA e FIFA nell’organizzazione di eventi sportivi continentali o internazionali.
La Corte ha emesso il 21 dicembre la sentenza con cui stabilisce che sono illegali le regole dei due enti che subordinano qualsiasi nuovo progetto di calcio alla loro previa approvazione e vietano a club e calciatori di giocare in tali competizioni. Altrettanto illegittimo è il controllo esclusivo sullo sfruttamento commerciale dei diritti relativi a competizioni di questo tipo, che limitano la concorrenza per i media, i consumatori e gli spettatori televisivi.
Prevale, infatti, in questi eventi la componente commerciale e, quindi, la loro organizzazione rientra nelle regole sulla libertà di concorrenza dell’Unione.
A sollevare la questione era stata la Super League, il progetto di campionato continentale elaborato da dodici top club (Liverpool, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Manchester United, Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Juventus, Inter, Milan), in alternativa alla Champions League organizzata dalla UEFA. Le reazioni contrarie, prima di tutto della confederazione calcistica europea e di molte federazioni nazionali, oltre che della totalità delle società che ne sarebbero state escluse (ma anche di Bayern Monaco e Paris Saint-Germain, che invece avrebbero avuto i titoli per far parte della nuova Lega) avevano fatto fallire il progetto che aveva anche perso, via via, gran parte dei club promotori.
La sentenza della Corte di Giustizia ha rimesso in corsa il progetto Super Lega che, in attesa del prevedibile sì in sede giudiziale, è stato allargato e perfezionato fino a renderlo alternativo a tutto il sistema delle Leghe internazionali della UEFA (Champions, Europa e Conference).
La scelta di aderire alla Super Lega è, ovviamente, nella piena autonomia delle società calcistiche che, però, rischierebbero la esclusione dalle federazioni nazionali di appartenenza, tanto quanto i giocatori che partecipassero a gare dei nuovi tornei.
Ma il progetto ha delle attrattive quasi irresistibili: per i club un vistoso aumento dei ricavi, che sarebbero ben maggiori di quelli assicurati dalla UEFA; per giocatori e tecnici, che vedrebbero altrettanto accresciuti ingaggi e premi; ed, infine, anche per gli appassionati di calcio, perchè il progetto prevede che tutte le partite sarebbero trasmesse in streaming gratuitamente da un canale della stessa Super Lega, tagliando così fuori tutte le piattaforme che attualmente hanno le esclusive nazionali (in Italia Sky e DAZN).
Come si mantiene tutto questo ben di dio? Con i soldi degli investitori (si parla di fondi internazionali, di sport business companies e, perfino, di capitali arabi) e, soprattutto, con quelli degli sponsor, attratti da un pubblico televisivo internazionale valutabile in centinaia di milioni di telespettatori.
Tutto bello, sì, ma con delle allarmanti possibili ricadute sui campionati nazionali, perchè il meccanismo di accesso alla Super Lega sarebbe legato a criteri poco chiari e sicuramente non improntati al principio del merito sportivo, com’è invece per le Leghe targate UEFA. È, infatti, evidente che i club che volessero far parte della nuova struttura, dovrebbero assicurare di possedere requisiti adeguati e non solo di natura sportiva ma anche strutturale, economica e finanziaria. Un massacro per le società italiane, tutte indebitate e con stadi antidiluviani. Per essere ammessi in Super Lega i club dovrebbero, quindi, fare un grande sforzo organizzativo ed economico, non solo vincere i campionati nazionali o piazzarsi nelle posizioni top della classifica.
Per ora quasi interamente il mondo del calcio ha detto no alla Super Lega, ma la prospettiva di liberarsi dei debiti prima e di produrre utili poi è pericolosamente attrattiva e non si può escludere che le defezioni dalle federazioni nazionali si facciano progressivamente spazio avviando un processo di trasformazione radicale del calcio.
Pensiamo all’Italia: che serie A sarebbe senza le 4-5 squadre top? E le Serie minori che fine farebbero? Diventerebbero dei campionati marginali senza attrattiva perchè si toglierebbe loro la prospettiva, per quanto teorica, di arrivare in Serie A e di partecipare così di diritto alla Coppe. E la C? Una desolazione, un calcio minore più simile a quello dilettantistico che a quello professionistico.

GIANNI POGGI





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