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CENTENARIO MONTECCHIO CALCIO. LA VALORIZZAZIONE DEI GIOVANI SECONDO ROMANO ALEARDI

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Romano Aleardi è entrato nel mondo del calcio, prima a San Vitale e poi nell’Unione Calcio Montecchio con alcuni progetti ben chiari in mente e intorno ad essi ha lavorato incessantemente, naturalmente coadiuvato dal suo staff di collaboratori fidati.
Il primo, il più importante, i giovani e la loro valorizzazione.
Il secondo, battersi per un calcio pulito, più vero e genuino.
Il terzo, cercare il più possibile di ammodernare, rinnovare il calcio, ma soprattutto lo sport.
Con questi tre obiettivi si è messo in gioco, contribuendo non poco all’evoluzione che il calcio dilettantistico ha registrato negli ultimi anni.
In fatto di giovani è stato uno dei sostenitori dell’inserimento dei giovani nelle Prime squadre e si è battuto strenuamente contro i presidenti di alcune società, anche molto blasonate, che non vedevano di buon occhio questo obbligo, ma d’altra parte erano realtà calcistiche del tutto prive o quasi del vivaio.
La battaglia di Romano è stata difficile, ma sempre decisa e oggi la gran parte delle società dilettantistiche venete hanno colto l’importanza del settore giovanile, anzi c’è quasi una gara per ottenere i riconoscimenti legati ad esso.

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La Scuola Calcio Qualificata rappresenta fin da subito un motivo di prestigio per una società che è stata una delle prime ad ottenerne il titolo, titolo che comporta degli obblighi molto precisi in termini di formazione e di educazione del piccolo calciatore: in primis la presenza di allenatori e preparatori atletici formati e qualificati, strutture adeguate, il sostegno di medico e psicologo, la realizzazione di progetti formativi rivolti agli atleti e alle loro famiglie, azioni di promozione nel territorio a favore del calcio, in accordo con la Scuola Primaria. Il settore giovanile non è un impegno da poco dunque! Le numerose incombenze e scadenze ad esso collegate richiedono tempo, competenza oltre che passione.
Il settore giovanile costa anche in fatto di denaro e Romano anche in questo non si è mai tirato indietro. Anzi è sempre stato prodigo di aiuti concreti nei confronti dei suoi ragazzi. A condizione però che mettano davanti a tutto la scuola, lo studio, che pensino al calcio come una buona occasione di crescita tecnica, atletica, ma anche di divertimento. Ecco perché il Presidente è diventato famoso in tutto l’ambiente calcistico per essere un acerrimo nemico dei procuratori e per avere spesso trattato male quei genitori che, convinti della bravura dei figli, chiedevano il passaggio a realtà professionistiche.
Non ha mai negato a nessuno la possibilità di andare altrove, ma certe sue resistenze, che venivano lette come una forma di autoritarismo, in realtà nel tempo si sono rivelate corrette.
”Di grandi campioni ne nascono pochi, i più saranno dei bravi calciatori che potranno giocare anche in categorie superiori, ma prima di tutto dovranno essere studenti, lavoratori seri, dovranno cioè costruirsi un futuro dignitoso”.

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Il calcio dei procuratori, secondo Romano Aleardi, genera illusioni, crea giocatori che alla prima difficoltà precipitano, uomini che non si sono costruiti nulla e che a trent’anni spesso non sanno di che vivere. Inseguire i sogni è bello, la realtà è un’altra ed è quella di ex professionisti che vanno a finire di giocare nelle categorie minori e che, in nome del loro blasonato passato, chiedono ingaggi da brivido, mettendo in moto un meccanismo perverso, capace di portare al fallimento della società stessa.
I vecchi, gli ex professionisti, i giocatori dagli ingaggi faraonici nelle categorie dilettantistiche sono sempre stati il cruccio di Romano che ha sostenuto con forza, anche per fare del bene allo sport, di favorire l’inserimento nelle Prime squadre dei giovani del vivaio.
“Vorrei che si capisse che è giunto il momento di dire basta al calcio del denaro e degli scandali. Non è giusto che in serie D si paghino calciatori come fossero dei professionisti e intanto ci sono famiglie che non arrivano alla fine del mese. Sarebbe ora che ci fosse una vera svolta, nel rispetto anche delle altre discipline sportive che non possono godere di tutte le entrate del calcio o di tutti i suoi vantaggi, ma che sono sicuramente più sane. Una ricetta contro tanto malcostume non può essere che la strada che da sempre ho intrapreso e voglio continuare: dare spazio ai giovani, credere nei giovani. Ci guadagnerebbero i bilanci e molte società non fallirebbero miseramente, per non parlare poi delle irregolarità, che a volte sconfinano nella evasione fiscale, che caratterizzano certi ingaggi.” (SportMONTECCHIO Maggio 2012)
E alle partite dei suoi ragazzi Romano è sempre presente. Qualche volta gli è scappato di dire che preferisce le partite dei piccoli perché più vere, meno condizionate.
E i suoi giovani lo hanno sempre ricambiato per tanta dedizione e attenzione.
Non passa anno senza che una sua squadra del settore giovanile non vinca il suo campionato. I baby biancorossi sono protagonisti in tutti i tornei organizzati in provincia e fuori provincia. Parecchi sono chiamati nella rappresentativa regionale o nazionale.
Poi per molti arriva il momento più desiderato, più cercato, l’esordio in Prima squadra.
Non ha paura Romano di inserirli nel gruppo, di farli scendere in campo.
E sono sempre più giovani, magari un po’ impauriti per la prestazione che vien loro richiesta, ma sempre accompagnati dal loro Presidente.
Naturalmente queste scelte non sempre sono condivise. I più temono che il confronto con giocatori di maggiore esperienza possa bruciare il giovane. Romano non è di questa idea. Anzi, è singolare il modo in cui è capace di mandare nell’arena il giovane, esaltandone le doti e nello stesso tempo intervenga per redarguirlo quando nota che si sia “montato la testa”. Lui, e lo hanno capito i più, vuole ragazzi “bravi” ovvero attaccati alla maglia, umili e con buoni risultati a scuola.

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