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GIUSTIZIA. TEST PSICOATTITUDINALI E CONCORSO MAGISTRATURA

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Il governo ha approvato l’introduzione dei test psicoattitudinali per i futuri magistrati. Il concorso più selettivo d’Italia si colora dell’ennesima abominevole novità del governo di turno. Qualche settimana fa si era tentato di introdurre un concorso ad hoc per i giudici onorari e per gli avvocati. Fortunatamente il tentativo è fallito. Il sistema giustizia è così tragicamente a corto di organico che si ricorre alle più bizzarre soluzioni ma quando si tratta di metter mano alla sola modalità di accesso che può garantire una definitiva soluzione, la tendenza dei governi sembra essere sempre in direzione contraria. La novità di cui si tratta, oltre a scatenare le ire dell’Associazione Nazionale Magistrati, è stata una vera e propria randellata verso le migliaia di aspiranti magistrati che perseguono senza tregua l’agognata toga. L’introduzione del test psicoattitudinale è un ulteriore ostacolo che si frappone tra il sogno e l’obiettivo. La tanto desiderata idoneità, ipotesi di per sé molto remota (da anni si assesta sul 10%), è sintomatica di un sistema che non funziona. Con le modalità attuali i posti messi a concorso non vengono mai coperti. Nel 2019 su 310 posti disponibili sono risultati idonei 209 candidati su 3797 elaborati consegnati. Il trend non è diverso per gli anni successivi. Il concorso certo va ripensato e la severità dello stesso è indiscussa visto il ruolo cui si aspira ma l’introduzione di prove dai contorni indefiniti non sembra essere la soluzione. Sorge il dubbio che le scelte puntualmente adottate poco hanno a che fare con la selettività. Questa riforma rappresenta l’apoteosi della discrezionalità, cancellando in un sol colpo i tanto decantati principi di trasparenza ed efficienza della pubblica amministrazione. Si è creato attorno a questo concorso il mito del prescelto, tipico delle stanze del potere. Il concorso è una roulette russa. Dalle tracce assegnate che possono riguardare tutto lo scibile giuridico, ai criteri di correzione. In questa cornice i test psicoattitudinali sono la ciliegina sulla torta. Peraltro, la novità introdotta sembra essere contraddittoria con la decisione presa appena due anni fa di aprire il concorso ai neo laureati. Sembra uno di quegli annunci di lavoro a cui nessuno si candida più “cercasi giovane neo laureato, con esperienza e voglia di fare, il master costituisce titolo preferenziale”. Ma come fa uno che ha passato gli ultimi anni sui libri ad avere esperienza? Come può un ragazzo appena uscito dall’università (e dall’adolescenza) essere idoneo ad un ruolo così “ingombrante”? Il test psicoattitudinale è tutto questo e molto più. Ed è “il di più” che genera legittimi dubbi. Con quale “attitudine” i magistrati in carica hanno operato sino ad oggi?  Ancor più doveroso è chiedersi come sia possibile valutare in astratto una propensione che solo in concreto (decidendo della vita altrui) può rivelarsi. In tutto questo come si spiegano le figure del giudice onorario (altra vergogna della giustizia italiana) e dell’addetto all’ufficio del processo (rigorosamente a tempo determinato)? La riforma della giustizia sembra diventata il tavolo da “braccio di ferro” dei governi. Così, l’ennesima riforma del “ministero dell’ingiustizia” entra a pieno titolo, insieme a tutte le altre, nella bacheca degli orrori che ogni futuro ministro, ogni cittadino, dovrebbe tenere ben in vista ad onore della memoria storica che gli italiani, sempre troppo in fretta, dimenticano.
GIORDANA RUZZOLINI
candidata al Concorso Magistratura

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