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Praticare uno sport non può essere motivo di disagio

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ChangeTheGame è un’associazione fondata da Daniela Simonetti nel 2017ed è iscritta al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Legata al mondo del Volley si impegna a contrastare ogni forma di sopruso e violenza nello sport, specie se rivolti sui minori.

Una recente indagine di Nielsen, commissionata proprio da Changethegame mostra che quattro minorenni su dieci hanno subito una qualche forma di violenza e che il 32,4% degli atleti coinvolti ha abbandonato l’attività sportiva. L’indagine ha respiro europeo ma è la prima volta che offre dati sull’Italia, subito dopo lo scandalo delle ginnaste della ritmica.

La lettura dei dati invita a riflettere sull’idea di sopruso e violenza e ad essere vigili perché un giovane che lascia lo sport è un grave danno per la società.

Che cos’è un abuso nello sport? Violenza sessuale? Violenza fisica? Certo, ma non si deve arrivare a forme così estreme perché si verifichi il disagio del bambino o del giovane.

Umiliazioni, urla, rifiuto, isolamento, minacce, assenza di attenzioni o sostegno, denigrazioni, critiche ingiuste o fare di un bambino o bambina un capro espiatorio. In ambito sportivo, la pressione per ottenere prestazioni irrealistiche sfocia spesso in violenza psicologica. E non è solo nella ginnastica che questo si verifica.

Anche non accorgersi degli atti di bullismo che avvengono dentro uno spogliatoio, oppure cogliere atti di violenza fisica o psicologica ma non intervenire perché tanto “bisogna farsi le ossa” è una forma di sopruso che segna il giovane e lo può portare alla rinuncia dello sport. Ma comunque sono episodi che minano la sicurezza in se stessi e contribuiscono a far crescere adulti fragili.

Un invito dunque a tutti coloro che operano nel mondo dello sport, allenatori, tecnici e istruttori: non si dia per scontato nulla e si vigili, si osservi i ragazzi nelle dinamiche di gruppo dello spogliatoio o nel post partita. E soprattutto i genitori non abbiano paura di esternare ai dirigenti della società in cui si allena il figlio segnali di ansia e inquietudine.

Perché lo sport non può far male, soprattutto ai più giovani.

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