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UNA CRUENTA NORMALITÀ

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Non sono riuscita a scrivere di Giulia prima di oggi. Perché la sua storia, apparentemente normale, è diventata improvvisamente incredibile e la sua morte mi ha profondamente turbata, come penso lo sia stato per tanti di noi, proprio per la sua cruenta “normalità”.
Una ragazza brava, piena di speranze, di prospettive di successo o semplicemente con in mano le carte tutte in regola per un futuro sereno, come quello che i genitori si augurano per i propri figli.
E invece… E invece il solito mostro, il solito uomo che non sa accettare un rifiuto, il solito maschio geloso che non accetta la fine di una relazione.
L’ennesimo femminicidio, l’ennesimo dramma di amore malato, tossico, quell’amore sbagliato del quale ci si dovrebbe sbarazzare in tutta fretta.
Perché Giulia non l’ha fatto? Perché anche lei, come tante altre, è caduta nella trappola? Perché Giulia aveva un animo buono, sensibile, perché stava male a veder star male il suo ex. Quella sensibilità, quella generosità tutta femminile che porta dritta dritta a diventare la vittima sacrificale del maschio violento, sadico e pazzo.
Chissà cosa avrà provato a vedere quel ragazzo, all’apparenza tranquillo, trasformarsi in un mostro assetato di sangue. Quanto avrà rimpianto di non aver dato retta alla sorella e alle amiche che le dicevano di non andare.
“Mi fai male”, le parole che qualcuno ha sentito per un attimo e poi più niente, il buio più totale.
Ma Giulia con la sua morte ha acceso una nuova luce, quella luce che avevano negli occhi pieni di lacrime i suoi amici, i suoi compagni di studio, i tanti che hanno deciso di fare rumore durante i cortei in sua memoria e poi nella piazza di Padova, in Prato della Valle.
Fare rumore per ricordare che non bastano le scarpe rosse, schierate lungo le strade, non bastano le panchine rosse… Occorre un impegno nuovo per far sì che le donne siano aiutate veramente nel loro percorso di affermazione sociale ed economica e soprattutto siano protette, possano veramente contare su chi le può accogliere e renderle veramente libere da un maschio sbagliato.
Case di accoglienza protette, sorveglianza da parte delle Forze dell’Ordine, un lavoro -perché il lavoro rende libere- queste sono le soluzioni per salvare donne che altrimenti, pensando ai figli, o al dolore dei familiari, rinunciano a cambiare vita e vanno incontro molto spesso alla violenza e alla morte.
Direte che non è il caso di Giulia. Ma anche solo il fatto che non sia stata libera di andare a laurearsi e festeggiare un così importante traguardo della vita è violenza. E’ sadismo che abbia dovuto pagare anche il conto dell’ultima cena prima di morire.
E’ pazzia girare con una coltello da cucina in auto e colpire a morte la donna che si dice di amare.

Rosanna Frizzo

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