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LA SCUOLA NON PUÒ ESSERE LA SOLUZIONE DI TUTTO

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Ancora una volta dopo un fatto di cronaca efferato e terribile si chiama in causa la scuola. La scuola che dovrà farsi carico, oltre che dell’insegnamento, dell’orientamento, dell’educazione civica, dell’educazione ambientale, alimentare, stradale anche all’educazione sentimentale.
La morte di Giulia Cecchettin ha amplificato il dramma delle morti violente di donne e ragazze da parte di uomini incapaci di amore, gelosi, convinti della propria superiorità. I femminicidi rappresentano il dramma dei nostri tempi, che si risolve, e siamo tutti d’accordo, con il rispetto e l’amore, valori fondanti di ogni famiglia. Dalla famiglia questi valori devono allargarsi alla società, entrando nelle scuole e nei posti di lavoro. Parità di genere, riconoscimento e valorizzazione dell’altro sono alla base della convivenza civile: se questo non accade ci sarà sempre qualcuno che vorrà dominare sull’altro e sugli altri.
Non riconoscere il valore di una donna, non rispettare la sua specificità e personalità, i suoi pregi, i suoi difetti, significa aprire la strada ad un rapporto uomo donna sbagliato, per cui la donna deve essere moglie e mamma, pensare alla famiglia, lavorare ma non pretendere altro. Se solo per caso chiede di poter fare altro o se mette in discussione il suo ruolo nella famiglia diventa pericolosa, antipatica, odiosa. Se poi decide di essere più libera e rivendica un cambiamento nel rapporto di coppia, allora bisogna farle capire chi comanda.
Si dice che l’uomo non è pronto ai cambiamenti sociali in atto, si dice che c’è bisogno di più educazione, di più sensibilità, attenzione e allora… allora ci pensi la scuola.
Ma vorrei dire ai nostri politici, che finalmente hanno approvato una legge contro i femminicidi, inasprito le pene e messo in campo forme più o meno efficaci di prevenzione, che la scuola già opera nell’ambito dell’educazione all’affettività. Andate a leggere i Piani dell’Offerta Formativa degli Istituti e scoprirete che docenti e alunni sono anni luce avanti. Scoprirete che ci sono gli insegnanti delle cosiddette materie umanistiche che toccano temi importanti come l’amore, l’amicizia, la famiglia e lo fanno perché le materie che insegnano danno loro l’opportunità di aprire confronti e approfondimenti. Perché allora introdurre una nuova forma di educazione, quando il lavoro dei docenti è già caricato di tante, troppe responsabilità e soprattutto di tanta burocrazia da evadere?
Le scuola non può poi sostituirsi alle famiglie, può, se mai, aiutarle quando in difficoltà, può cercarne la collaborazione per migliorare il progetto formativo di ciascun alunno. Ma non può colmare i vuoti che lascia una società tutta concentrata sul consumismo e sull’apparire (e sul quale proprio la politica costruisce il suo consenso).
Ricordo un bel corso di educazione all’amore portato avanti con l’ULSS di Vicenza nell’ambito di un progetto di educazione all’amore ed era più di vent’anni fa. Segnalo le iniziative degli istituti per la giornata contro la violenza sulle donne, ma anche la celebrazione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, della Memoria, del Ricordo.
La scuola c’è a prescindere dalla nuova legge e dispiace che come sempre non sia stata interpellata, prima di procedere, per iniziative che paiono, onestamente, degli spot.

Rosanna Frizzo

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