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VERSO IL 25 APRILE. AL “CECCATO” DI MONTECCHIO LA FESTA DELLA LIBERAZIONE SI CELEBRA CON UNA LEZIONE DI STORIA

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L’Istituto “S. Ceccato“ di Montecchio Maggiore, da alcuni anni, coinvolge i suoi studenti nelle celebrazioni del 25 aprile con un momento importante come la commemorazione dei quattro martiri del Castello della Villa e quest’anno anche con un incontro di approfondimento sul tema “La Resistenza nei luoghi di lavoro”.
Un’interessante lezione di storia per le classi quinte della sede di via Veneto che da anni curano la rievocazione del martirio dei quattro operai della Pellizzari, Montecchiani, colpevoli di aver scioperato per impedire che i macchinari dell’importante fabbrica meccanica di Arzignano fossero trasferiti in Germania. Questo lo spunto per l’approfondimento, curato dalle docenti Barbara Mai e Lucia Meggiolaro, che, a loro volta, hanno introdotto la lezione del prof. Michele Santuliana, presidente della sezione ANPI di Montecchio Maggiore.

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Gli scioperi nelle fabbriche furono fondamentali nel difficile cammino verso la liberazione, anzi aprirono le porte all’insurrezione dell’aprile del 1945, anticiparono l’arrivo delle forza alleate e sancirono la vittoria della Resistenza partigiana. Le proteste dei lavoratori costituirono dunque una peculiarità della lotta di liberazione italiana, rispetto agli altri Paesi europei occupati. Iniziarono nel marzo nel ‘43 con un primo sciopero importante contro il caro vita e il razionamento dei viveri, tutti effetti della guerra. I costi di questi scioperi furono altissimi: molti operai ribelli furono deportati nei lager in Germania. Spesso, come racconta il professore, citando la storica Sonia Isidori, le donne scendevano in sciopero al posto dei mariti per evitare loro il carcere o la deportazione.
Un altro grande sciopero agli inizi di marzo del ‘44 e questo tocca in modo particolare Valdagno e Arzignano, il primo centro manifatturiero tessile, il secondo polo meccanico. Ed è in questa occasione che si compie l’eccidio dei quattro operai della Pellizzari. Dopo lo sciopero i Tedeschi avevano promesso ai lavoratori che non ci sarebbero state ritorsioni a condizione che si tornasse a lavorare. Invece 25, tra quelli quelli che avevano scioperato furono arrestati e quattro, Umberto Carlotto, Luigi Cocco, Cesare Erminelli, Aldo Marzotto, furono portati al castello della Villa dove, nella notte tra il 29 e il 30, furono barbaramente uccisi.

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Nel ricordare poi le tappe salienti verso la liberazione, il professore ha richiamato l’attenzione degli studenti sulla posizione strategica della vallata dell’Agno che apriva la strada verso in confini con il Reich, che a Recoaro aveva la sede del comando militare in Italia. Tuttavia, questo non impedì che l’azione di Resistenza fosse meno presente. Si resisteva non solo in montagna, si resisteva nelle case, ospitando ricercati dal Reich, nascondendo i giovani che si rifiutavano di arruolarsi per la Repubblica di Salò, si resisteva nelle parrocchie, nelle scuole. Si aiutavano i partigiani di montagna e di pianura.
Dopo una lezione così importante oltre che interessante, la domanda allo storico vien immediata: che cosa significa Resistenza oggi?
“Rispondo citando Mario Rigoni Stern per il quale oggi non è più il tempo di prendere in mano le armi, ma è il tempo di non disarmare il cervello, con l’arma della ragione. Battersi perché i diritti fondamentali siano rispettati, perché il diritto al lavoro sia tale, perché nelle fabbriche non si muoia per incidenti dovuti all’incuria e alla scarsa sicurezza”.

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