SportMONTECCHIO intervista Ofelio Carretta nell’aprile del 2018 e il suo racconto è oggi una bella testimonianza della storia del Unione calcio Montecchio. Nelle formazioni della seconda metà degli anni sessanta si legge Carretta I e Carretta II, Ofelio e Paolo. Non sono parenti, ma precisa Ofelio: “Il Carretta n.1 a Montecchio, sia chiaro, sono io perché qui ci sono nato!”
Ofelio, il nonno che tanti bambini vorrebbero avere. Sorridente sempre, rassicurante e protettivo grazie ad una buona stazza, quella che da giovane gli permette di difendere la porta del Montecchio Maggiore. Nell’intervista racconta: “Si facevano i Tornei Aspiranti, organizzati dalla Azione Cattolica e proprio durante uno di questi sono stato notato dall’allenatore del Montecchio Maggiore, Cocco, ex portiere, che mi ha voluto subito con lui. Ho fatto un anno con gli Juniores, il campionato successivo sono passato in Prima Squadra e il 4 ottobre del 1961, ricordo che si giocava a Quinto, ero naturalmente in panchina, ma è successo un trambusto, sono stati espulsi 3, 4 dei nostri e l’allenatore mi ha buttato in campo. Voleva far giocare il giovane e da quella domenica ho fatto una decina di presenze in prima Categoria, ma non avevo l’età per farlo e così andavo in campo con un altro nome. Oggi lo posso raccontare, ma allora si rischiò molto. Eppure il Montecchio aveva portieri in età. Ma Cocco voleva me!”
La carriera di Ofelio è tutta dentro il Montecchio e di quel periodo lascia bellissimi ricordi: “Eravamo prima di tutto un gruppo, stavamo insieme dal martedì alla domenica… E poi si festeggiava. Allora ci davano 250 Lire ad allenamento per pagarci la doccia, più tardi si è arrivati a 1000 Lire al punto. Anche i panini erano contati, non più di tredici! Se avevi ancora fame il secondo te lo dovevi pagare”.
Di quel periodo ricorda la promozione del ‘62. Quell’anno l’avversario era il Malo. “In casa loro è accaduto un episodio terribile: un loro giocatore ha mollato un pugno con rincorsa da trenta metri ad un nostro compagno. Non ho mai visto tanta garza per bloccare l’emorragia al naso! Abbiamo comunque vinto e il Malo per riscattarsi puntò tutto sulla partita di ritorno. Allo stadio ci saranno state seicento persone, mai viste così tante oggi. Le tribune erano state messe per l’occasione e noi giocatori il sabato pomeriggio avevamo ripulito dalle erbacce fuori dello stadio”. Non smette mai di giocare per il Montecchio: ”Avevano bisogno del portiere e così, anche finché ero militare, per farmi giocare contro il Peschiera convinsero il medico a fare un certificato di malattia per ritardare il rientro dalla licenza”.
Savoini gli chiede di andare ad allenarsi direttamente a Vicenza: “Sì al Menti ci sono andato, ma con la cartolina della Marina. Due anni lontano dai campi… Al ritorno continua a giocare fino al 1973, sempre nel Montecchio per passare poi al San Vitale, due anni come giocatore e due anni come Dirigente. Gli anni in cui il Presidente era Romano Aleardi.
Il suo motto è: ”Prima di tutto gli amici, poi la vittoria che, se arriva, si celebra con una mangiata e una bevuta! Per questo desidera un calcio più gentile e ripete: “Se in campo si fosse più rispettosi non ci sarebbe bisogno del Var che serve solo per riempire le pagine dei giornali prima della nuova partita.” Il suo portiere preferito è sicuramente Zoff che aveva conosciuto personalmente: “Uomo di poche parole come me, ma concreto”! E di quei tempi un altro simpatico ricordo: ”Poi il portiere deve aver anche tanta testa, essere concentrato sempre. Deve dirigere la squadra…”
E infatti Gino Cosaro, in spogliatoio ricorda : “Se Ofelio parla fin dal primo minuto vinciamo, se sta zitto non è in giornata e perdiamo!”
Rosanna Frizzo