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CENTENARIO DEL MONTECCHIO CALCIO: GLI ANNI TRENTA

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In questi anni non è molto vivace l’attività del Montecchio Calcio e non è neanche molto raccontata dalle cronache locali.

Nel ‘31 partecipa alle coppe Fonosport e Colombara. Nel ’36 alla coppa Pedezzi. Nel ‘38 partecipa al campionato Propaganda e alla Coppa Castelli di Giulietta e Romeo, a testimonianza che l’attività calcistica si sta aprendo ad altre squadre locali. Come raccontò a SportMontecchio nel 2008, il cav. Ovidio Agosti. “Nacquero, in questi anni, altre squadre come “Valle”, “Castiggiola”, “Patronato” e un paio di volte all’anno, fra noi quattro, si facevano dei tornei nell’attuale campo del Patronato S. Antonio.”

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Il cav. Agosti nel 2008 – SportMONTECCHIO

Ancora un ricordo del Cav. Agosti. ”I nostri esordi calcistici, nel 1937/40, avvennero con la “cinghia sempre tirata”. L’unico negozio in paese, che vendeva palle di gomma, era dei miei genitori; un “bazar” ove si trovava un po’ di tutto. Dire vendeva stona molto perché rare erano le famiglie che potevano permettersi il lusso di comperare palle di gomma del costo di 30/50 centesimi, fino a due lire! Le palle erano in una retina che penzolava nell’unica vetrina del negozio e i ragazzi la guardavano come fosse una reliquia. Ad ogni occasione importante (8/10 volte all’anno) mio padre me ne regalava una, e bastava un fischio per trovarsi in 20/30 ragazzi, tutti con le “sgalmare”, in piazza del Mercato, coperta di ghiaino, per giocare 10/15 minuti perché la palla esalasse il suo ultimo respiro…. Poi, imbottita di stracci e legata con lo spago, riviveva per altri pochi minuti.“
Un altro protagonista di quegli anni fu il maestro Giovanni Stefanello, classe 1917 (Nella foto di copertina evidenziato dal cirrcoletto rosso). Nel 1933 giocava negli allievi del Vicenza, insieme a Santagiuliana e nel frattempo partecipava al torneo tra gli istituti superiori di Vicenza. Ecco il suo racconto per SportMONTECCHIO (giugno 2008). “Ricordo che nella partita contro il Fusinieri sbagliai il rigore che avrebbe dato la vittoria al Fogazzaro. Le scarpe erano poco adatte, il terreno era bagnato, nel calciare sono scivolato e il pallone è volato al cielo. C’erano tutte le maestrine che facevano il tifo, io sarei sprofondato dalla vergogna. Le partite erano molto accese: la finale, sempre tra l’istituto Rossi e il Fusinieri, finiva spesso in rissa, tanto che il Prefetto ad un certo punto vietò lo svolgimento del torneo.”
Nel periodo in cui era col Vicenza, suo compagno di gioco fu anche il mitico portiere Dalla Fontana, poi andato in serie A nel Torino e nella Juve, ma lui, il maestro, non continuò nel Vicenza, a causa di infortuni e per difficoltà di trasporto. Così iniziò a giocare a Montecchio. “Ci si cambiava a casa e poi via di corsa al campo dove ora si trova la scuola media Anna Frank. La squadra partecipava a tornei della zona. A Montebello, un giorno ci siamo andati in carretto, a Lonigo nel ‘39, invece, ci andai in auto, ma come spettatore, perché ero in licenza. Ricordo una gran rissa. Il mio amico, il maestro Brunello, fu tirato giù dalle tribune. Chiamai i carabinieri che, invece di aiutarci, ci cacciarono fuori dallo stadio. Un’altra volta a Dueville, con la squadra, rimanemmo chiusi dentro ad una falegnameria fino a notte per paura dei tifosi locali.”

Note a margine
Anche se il Montecchio non scala le classifiche degli allora campionati, è evidente dalle notizie riportate, che il calcio si sta sempre più affermando anche nella città castellana e coinvolge sempre più giovani. D’altra parte nel ’34 in Italia si svolgono i Campionati del mondo, voluti e sostenuti da Mussolini che coglie fin da subito il potere aggregante del gioco. Il calcio sta sostituendo il ciclismo nell’amore e nel tifo degli Italiani e si sta diffondendo un po’ in tutta la penisola. Deve diventare lo sport nazionale e così è anche grazie alla vittoria della Nazionale allenata da Pozzo nel ‘34 e nel’38.

LA STORIA DI UN PALLONE (dai ricordi del maestro Stefanello)

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Il maestro Stefanello

Era l’inizio degli anni Trenta e a Montecchio si t’irava la cinghia’, ma i più giovani, nonostante la fame, non rinunciavano a giocare a pallone, lo facevano in piazza, per strada, nei campi.
Quando un gruppo di amici di via Conti Gualdo decisero di formare una loro squadra, subito si pose il problema dell’abbigliamento e del pallone. Un pallone costava trenta lire, tante se si pensa che allora qualcuno di loro mangiava carne una volta all’anno.
Risolto il problema dell’abbigliamento, con la scelta dell’arrangiarsi, restava il problema della palla. A qualcuno venne l’idea di organizzare una rappresentazione teatrale per raccogliere un po’ di soldi. Davanti all’abitazione dei Colalto tentarono di mettere in scena il dramma “La sepolta viva”, ma ahimé il palco sfortunatamente crollò e l’attrice protagonista si ferì. Addio soldi.
Decisero poi di ricorrere alla pratica, sempre redditizia, dell’andare di casa in casa per portare gli auguri di buon anno. Alla fine del giro in cassa c’erano 12 lire. Qualcosa, ma non abbastanza.

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A destra il cav. Zannato in una foto tratta dal libro ‘Montecchio ritrovata’ di Nevio Zanni

Cercarono allora quello che oggi viene indicato come lo sponsor. In quegli anni la persona più in vista era sicuramente il Cavalier Zannato, direttore delle Ferrovie a Verona. Una rappresentanza dei nostri baldi giovani si presentò a casa del Cavaliere che, dopo aver attentamente ascoltato le loro richieste, si scusò con queste parole: “Mi dispiace ragazzi, ma io amo gli anelli, il sollevamento pesi; il calcio proprio non mi piace!”
Che fare? Meglio ritentare, ma questa volta si poteva mandare i più muscolosi del gruppo per farsi finanziare le attività ginniche che tanto piacevano al signor Zannato…
Ma, amara sorpresa, ai prestanti falsi ginnasti, fu risposto: “Non posso finanziarvi, perché a me piace il calcio!”
Delusi e anche un po’ arrabbiati, i nostri giovani ricorsero al contributo straordinario e sofferto degli unici componenti della squadra che lavoravano, un calzolaio, un fornaio e un operaio.
Con le trenta lire finalmente partirono in bicicletta per Vicenza per andare a comprare un pallone “numero 5”.
Naturalmente tentarono di contrattare sul prezzo, ma non ottennero nessuno sconto. Sulla strada del ritorno pedalarono veloci fino a Tavernelle dove si fermarono. Allora il più silenzioso del gruppo parlò: “Quello non ci ha fatto lo sconto e io mi sono preso un pallone numero 3”. I suoi compagni capirono come mai l’amico se ne era sempre stato in disparte, senza intervenire alla contrattazione: lui alle parole aveva preferito i fatti e così i palloni erano diventati due.

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