
VICENZA JAZZ 2025. GIORNO 8. BACÀN STRAIGHT-AHEAD
Nel ricco mosaico linguistico del Veneto, poche parole brillano con l’irriverente carisma di bacàn. Pronunciata con quella cadenza strascicata che sa di spritz al tramonto
La notte è nera come polvere di carbone, e il cimitero è silenzioso, troppo silenzioso, come se il mondo stesse trattenendo il fiato, in attesa che qualcosa si spezzi. La musica pare suonare piano per un malcelato suo volere. D’ogni parte un pubblico che non c’è più, vite storte e vecchie, ognuna che sussurra un nome, una data, una storia che nessuno ricorda più. L’aria è densa dell’odore d’erba bagnata e di tempo andato a male. Suonare musica in un cimitero a mezzanotte non ha a che fare con la folla, perché non ce n’è una. Ha a che fare con i fantasmi che non vedi ma senti, che si avvicinano, ascoltano attenti. Emetti un suono, ed è come gettare un sasso in uno stagno fermo: le increspature si allargano, ma non tornano indietro. Le note fluttuano, sospese tra le lapidi, mescolandosi ai sospiri di gente sparita da tempo. La voce a volte si incrina come un ramo secco, tu pensi ad amori scivolati via, a strade senza fine, all’uomo che avresti potuto essere se i dadi fossero girati diversamente. I morti non applaudono, non fischiano, non lanciano rose. Ma li senti, che si avvicinano, le loro ombre che danzano al confine del tuo sguardo, annuendo a un blues più vecchio della terra che li copre. Suonare qui è come pregare in una chiesa che nessuno visita più. Ogni nota è una confessione, ogni accordo una domanda che non aspetta risposta. Il piano geme, acuto e solitario, come un treno che lascia una stazione che non rivedrai mai. Pensi a lei, ai suoi capelli come grano d’estate, o al tuo amico che rideva con una bottiglia in mano, e ti chiedi se stanno ascoltando da qualche parte sotto il gelo. Il concerto, ne sei certo, è per loro, per quelli che se ne sono andati, per quelli che sono rimasti troppo a lungo, per il ragazzo che eri prima che il mondo diventasse pesante. La notte non si cura. Le stelle non battono ciglio. Il vento taglia, freddo come il cuore di un banchiere. Il cimitero è un palco senza sipario, senza riflettori, nudi contro il buio. La musica è un fuoco, piccolo e testardo, che brucia contro il freddo, gridando “Sono qui, sono ancora qui”, finché l’alba si insinua e i fantasmi scivolano indietro nel loro silenzio.
Se vuoi continuare a leggere l’articolo pubblicato su ViCult clicca QUI.
Nel ricco mosaico linguistico del Veneto, poche parole brillano con l’irriverente carisma di bacàn. Pronunciata con quella cadenza strascicata che sa di spritz al tramonto
In questi giorni al cinema Odeon, nel programma degli eventi dislocati in città, è in programmazione One to One – John and Yoko, uno di quei
Riccardo Brazzale, introducendo la serata dedicata all’improvvisazione chitarristica, dice che è la giornata ideale per esporre il tema dell’elogio all’errore, e le premesse infatti c’erano
Ogni festival ha un direttore artistico. Il suo ruolo non è solo scegliere gli artisti in programma, è molto di più. Il direttore artistico è
Il 15 maggio ricomincia quel periodo dell’anno in cui Vicenza si trasforma in una città vivissima, colorata di anime e umori, nottambula e creativa. Il
Chi ha orecchie per intendere, intenda. Ma lo Spirito Santo, si sa, non sempre si preoccupa di parlare chiaro. Ama il paradosso, la sorpresa, l’ironia.