
VICENZA JAZZ 2025. GIORNO 9. MEZZANOTTE NEL GIARDINO DEL BENE E DEL MALE
La notte è nera come polvere di carbone, e il cimitero è silenzioso, troppo silenzioso, come se il mondo stesse trattenendo il fiato, in attesa
Nel ricco mosaico linguistico del Veneto, poche parole brillano con l’irriverente carisma di bacàn. Pronunciata con quella cadenza strascicata che sa di spritz al tramonto e calli veneziane, bacàn è molto più di un semplice termine: è un atteggiamento, un manifesto culturale, un modo di stare al mondo che coniuga spavalderia, charme e un pizzico di autoironia. Non è solo rumore, come da stretta definizione di vocabolario, è un suono portato e portante, un accento, un incedere. L’associazione Bacàn dice, nel suo breve ma chiaro manifesto d’intenti, di essere un “luogo di incontro per i musicisti, una vetrina per i loro talenti, una fucina di nuove opportunità e un propulsore di informazioni”. Il ruolo che svolge Bacàn dentro al Vicenza Jazz è fondamentale e va sottolineato e riconosciuto con forza. Porta proposte assolutamente mai banali e non si occupa solo di quello che solitamente si definisce “off” ma è una sorta di festival nel festival, e gli appuntamenti griffati Bacàn sono sinonimo di ricerca e qualità. Come quello di oggi, con i Gogoducks, gruppo friulano che ha stupito i presenti con un set eccentrico e originale. La batterista Francesca Remigi è stata prima premiata come miglior compositrice per l’Olimpico Jazz Contest nella sezione Nuovi Linguaggi. Ed è infatti una batterista incredibile dal talento enorme e sicuramente ne sentiremo parlare molto. Il concerto dei Gogoducks è stata un’immersione multisensoriale accompagnata da immagini proiettate e un’estetica visiva total white dal sapore alieno.
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Chi ha orecchie per intendere, intenda. Ma lo Spirito Santo, si sa, non sempre si preoccupa di parlare chiaro. Ama il paradosso, la sorpresa, l’ironia.