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UNA NUOVA ACCADEMIA PER AVVIARE IL SECONDO RINASCIMENTO DI VICENZA

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Il Natale numero 2024 distrae un po’ Vicenza e i vicentini dai soliti problemi della loro vita e da quelli che penalizzano la città. Vicenza è diventata la città della lagna, tutti si lamentano di tutto, si è diffusa una negatività che porta a ingigantire le indubbie pecche e a marginalizzare le indiscutibili (poche) virtù.
L’anima di Vicenza è sempre più spaccata, la vicentinità si è sciolta fra le fazioni sempre pronte a schierarsi pro e contro, l’unico denominatore comune è la decadenza che sta ridimensionando la città a quella che era prima del boom economico del sesto decennio del Novecento.
Le divergenze di opinione stanno diventando dominanti, si dissente su qualsiasi tema, è più importante la posizione da prendere che l’oggetto stesso del dibattere. Una dialettica così vivace potrebbe essere segno di vivacità culturale e di attenzione sociale, ma non è così perchè il confronto di idee è semplificato a mo’ di sondaggio o di social.
Sono pochi i vicentini che cercano di analizzare, di collegare, di ragionare, anche perchè sono spariti dalla vita pubblica cittadina i maître à penser. Che pure ci sono ma non hanno spazio sui media e, tanto meno, sui social e trovano più accoglienza e attenzione in trasferta che in casa. Non ci sono più intellettuali come lo storico dell’arte Renato Cevese o come l’editore e multiforme artista Neri Pozza o lo scrittore e giornalista Guido Piovene, che indagavano Vicenza, ne trovavano il mood e, se c’era da criticare, lo facevano senza reticenze. Non fa più sentire la sua libera e lucida voce nemmeno il musicista Bepi De Marzi, fuggito dalla sua Arzignano per intolleranza della parte politica al potere ed emigrato nel capoluogo dove, però, non ha trovato tribune in cui proporre il suo pensiero, vicino e affine a quelli degli scrittori Gigi Meneghello e Mario Rigoni Stern.
La mediocrità vicentina è anche il risultato della superficialità del pensiero di chi si deve rapportare con una realtà difficile e complessa qual è quella della città ma lo fa in proprio e senza alcun titolo, semplificando ed affidandosi alla emotività del contingente, banalizzando per raccogliere consensi.
È più facile ottenere audience con affermazioni tout court, con quesiti lapidari che sollecitano risposte immediate e irriflessive, di pancia o di simpatia, più facile che aprire confronti fondati su cultura, formazione, professionalità. Largo, quindi, a “commentatori” e a “influencer”, che meriterebbero al massimo la platea di un bar o di una boutique e che, invece, offrono il proprio pensiero debole a cittadini ormai disabituati a un livello più elevato di contributo.
Vicenza ha perso identità e non ha una visione futura generale. Prevale il conservatorismo, la paura di innovare, di confrontarsi con quel che accade fuori le mura. Qualsiasi novità è bocciata nel nome del “meglio prima” e la minoranza che vorrebbe una città più moderna, aperta, inclusiva non ha spazi e canali per far conoscere le proprie idee e le proprie speranze.
È arrivato il momento di trovare un nuovo canale per coagulare e comunicare le idee, le analisi, i progetti e le proposte di chi non si ferma al mantenimento del passato e vuole, ma non riesce, a dare un apporto innovativo. Questo canale potrebbe essere una nuova Accademia, sull’impronta di quelle fiorite nel Cinquecento (non per niente il secolo migliore nella storia cittadina), che riunisca e dia voce ai vicentini che, per intelligenza, cultura, indipendenza possano contribuire alla rinascita della città. Requisito per l’ammissione a questa Accademia non sia l’essere direttore o presidente e nemmeno la titolarità di una delle poltrone che contano e, tanto meno, gli amati schei. No, l’Accademia dovrebbe accogliere, senza distinzioni di età, religione, etnia, nazionalità e cultura, chiunque abbia, in forza di concrete qualità intellettuali e etiche, la possibilità e la voglia di partecipare alla elaborazione di una nuova visione di Vicenza.
La nuova Accademia sia finanziata dalle istituzioni, dalle categorie economiche, da mecenati e sia libera, autonoma e indipendente. I suoi contributi siano comunicati nel sistema dei media con spazi adeguati e portati alla cittadinanza in incontri popolari nell’agorà della piazza principale e nei centri focali di quartieri e frazioni.
Gli Accademici si riuniscano, periodicamente o quando serve, nel salone della Basilica palladiana, dove per secoli si è riunito il Consiglio cittadino per governare Vicenza. E siano incontri aperti ai vicentini e trasmessi in diretta dalle televisioni locali e sui canali online e social.
È ora di avviare il nuovo Rinascimento di Vicenza.
GIANNI POGGI


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