Se chiediamo a un Montecchiano chi sia Mario Guggino, i più rispondono prontamente: il professore di Educazione Tecnica alla Media Buonarroti, oggi Anna Frank. Lì per ben trentanove anni. Una vita tra allievi ed insegnanti, amato e stimato, figura di riferimento come insegnante e Vicepreside per molti anni, sempre vicino all’allora Preside Elio Danzo. Una coppia a cui chiedere consiglio ed aiuto.
Altri lo ricordano molto attento ed impegnato nella politica e nella pubblica Amministrazione, legato a fedeli, perenni e saldi principi di ideali democristiani. Altri ancora, vicino e presente alla sua Parrocchia di San Vitale in qualità di membro nei Consigli Pastorali, chiamato nel tempo, da più Arcipreti per serietà ed impegno. I più anziani, invece, lo ricordano come figlio dei Maestri Vincenzo e Margherita Valerio, colonne portanti delle scuole elementari “A. Manzoni” con il Direttore Cacciavillani, negli anni della seconda guerra mondiale e oltre.
Ma il professore è molto di più. Perché la sua vita è costellata di pregevoli e molteplici esperienze di studio e di lavoro, ancor prima di dedicarsi piacevolmente all’insegnamento.
Terminate le elementari con il Maestro Lino Savegnago, si iscrisse alle Medie “Vincenzo Scamozzi“ di Vicenza, poiché in Montecchio ancora non esistevano, salvo previo esame di “ammissione”: o promossi o bocciati. Frequentò poi “Il ROSSI”, con buoni risultati, ma, confessa, che non gli piaceva, anche se tale impostazione tecnica gli consentirà in seguito di creare dal nulla una sua aziendina meccanica nel Veronese.
Fatto il militare per diciotto mesi in Friuli, trovò impiego a Cittadella, proprio in una grossa azienda meccanica e per cinque anni diresse l’ufficio vendite, costantemente impegnato e con buoni risultati economici. E lì, a Cittadella, conobbe la compagna di vita, giovane di buona famiglia, Annamaria, della quale ama dire: “Mia moglie è sempre stata una importante fonte d’ispirazione, la mia musa direi, che in gran parte ha influito nella valorizzazione della mia produzione artistica, sia poetica che pittorica, sin da principio. Di lei mi innamorai a prima vista”.
A Mario non bastava il lavoro sicuro, ben retribuito e prestigioso poiché sentiva il bisogno di ampliare il suo sapere: doveva ancora studiare ed allargare ulteriormente il suo orizzonte culturale. E così frequentò per alcuni anni la facoltà di Economia e Commercio in Verona, ma non era la giusta scelta, non faceva per lui, e quindi si iscrisse all’Istituto di Architettura a Venezia, facoltà che gli offrì vasti spunti di ordine scientifico, storico e soprattutto artistico.
Un animo in pena? Decisamente No! Ma un pensatore ricco di risorse e di voglia di fare, di realizzare, di costruire…
La scelta poi di dedicarsi all’insegnamento fu colta da un ricco ed intelligente dialogo con lo zio siciliano Monsignor Mariano Guggino, Parroco per ben trentotto anni nel Paese natio del padre, Caltavuturo, insegnante di storia e teologia a Palermo. Fu quella scintilla, fu quel particolare momento, fu la tradizione familiare che portò il nostro professore ad una nuova scelta di vita: passare nella scuola, nell’insegnamento, vicino ai giovani. L’occasione non tardò molto, perché Mario, di lì a poco, si recò a Roma per vincere col massimo dei voti una cattedra in campo nazionale portando così un po’ di ponderata calma nella sua vita. E fu una scelta giusta ed appagante della quale va orgoglioso.
Nel frattempo era iniziato l’impegno politico e si faceva sempre più forte l’urgenza nel campo dell’arte. Perché Mario, e non molti lo sanno, prima si esprime nella poesia ed in seguito nella pittura. “Penso di aver preso da mia madre che amava dipingere, mentre per la poesia credo d’averla sempre avuta dentro. Due modi per dare voce alle mie riflessioni, alle mie emozioni, poiché l’animo è sempre colmo di sensazioni da mettere sulla carta. E scrivevo, e scrivo ancora, senza seguire precise regole, così come detta il cuore. Feci leggere i miei versi al prof. Remo Schiavo che mi elogiò e mi spinse a continuare poiché, a suo avviso, erano versi di valore. E così pure il prof. Vincenzo Roetta, storico e latinista che espresse positivamente il suo giudizio preciso e meticoloso. Consensi favorevoli vennero anche da alcune altre personalità culturali, tra cui il poeta Diego Valeri e Bino Rebellato editore e poeta negli anni settanta. Nel 1975 il nostro entrò a far parte del Cenacolo Vicentino Amici del Bacchiglione con l’intellettuale Piero Franceschetti anch’egli poeta e pittore, confluendo quindi nella sezione vicentina dell’Unione Cattolica Artisti Italiani, dove conobbe il magistero di Bepi Modolo, celebre protagonista dell’arte sacra nel Veneto. Non dimentichiamo la sua nomina quale membro nel 1980 dell’Accademia di Lettere, Scienze ed Arti “Virgilio Mantegna” di Mantova.per i meritati successi.
“Non seguo dei modelli, a me basta dare voce ai miei sentimenti, alle mie ansie, alle mie paure, alle mie gioie. E da sempre i miei pensieri vanno al mondo che stiamo distruggendo…Il bisogno di spiritualità, di amore, di vita sono i principali soggetti dei miei versi. E, come dicevo, non seguo regole metriche, mi basta che rileggendo il tutto suoni bene per me”.
Analizzando i testi si scopre comunque che il modo di comporre di Mario, anche se inconsciamente, rispetta i canoni della poesia contemporanea. Un po’ di Ungaretti, un po’ di ermetismo, un po’ di simbolismo e comunque tanta spiritualità. Tale prerogativa è un’altra chiave di lettura per comprendere la persona e la sua esperienza artistica. Come anche la fede, la preghiera, il credo religioso, sono protagonisti nelle sue poesie e nei suoi dipinti.
Mario, autodidatta, approdò alla pittura senza una formazione specifica, ma con tanto entusiasmo e forza espressiva.
“Con Annamaria eravamo sposati da poco. Il nostro sogno era di avere una casa ricca di libri, di antichi tappeti e di suggestivi quadri. Con mia moglie si andava a mostre e collettive per gustare quadri con cui abbellire ed adornare le pareti, ma costavano troppo! Ed io pensavo che quei quadri sarei stato capace di realizzarli anch’io! E lo ripetevo a voce alta fintanto che Annamaria, stanca di questo mio dire, un bel giorno arrivò a casa con tutto il materiale necessario per dipingere. Fu così che iniziai la mia affascinante avventura di pittore. Non potevo esimermi dal mettermi alla prova. E quindi mi chiusi in una stanza e cominciai a dar vita ai miei primi lavori. Ora la nostra casa è ricca di quadri in ogni dove”.
In effetti sono molte le opere in bella mostra. Tutte testimoni di una interessante evoluzione stilistica: dai primi paesaggi di luce soffusa, alle nature morte intrise di colore, all’astrattismo geometrico dell’ultimo periodo, che sa di slanci futuristici. Per tutti il ruolo dominante del colore che, come il verso in un testo poetico, aiuta Mario a trasmettere le sue emozioni. “Nessun bozzetto, nessun progetto precede la realizzazione di un quadro. Dentro di me l’emozione prende forma, diventa immagine che io trasferisco direttamente su tela con pennellate o spatolate, dipende dalla tavola che uso. In questo periodo lavoro molto sulla materia piuttosto che sulla nuda tela.”
Mario non ha mai avuto modelli o modelle: anche le figure umane sono il frutto delle sue emozioni, ma anche dei suoi momenti particolari. E in molti dipinti sono forti i ricordi legati alle sue origini siciliane, alla bellezza di quella terra che ha dato i natali a suo padre, il quale diplomato a Palermo, trascorse un periodo come insegnante nelle scuole italiane all’Estero a Salonicco in Grecia e infine arrivò a Montecchio, su indicazione di un collega incontrato a Monte Berico, che gli decantò l’aria e l’acqua buona del paese. Arrivò nel 1934 e qui conobbe mia madre, sua collega a scuola.
Il legame con la Sicilia non venne mai meno: “Ogni anno si andava in Sicilia, facendo tappa a Roma per l’udienza papale dopo aver trascorso un periodo in montagna, al mare e infine a Caltavuturo, arroccato sulle Madonie, dove passava il percorso della targa Florio. Conservo sempre i volti della sua gente, i paesaggi assolati e aridi e quella calda e singolare atmosfera, le sue cromie mediterranee”.
Quei ricordi sono diventati dipinti come il Ritorno di Momo e sono entrati con i loro colori nell’attuale esperienza astratta. Ma quei paesaggi sono diventati anche versi.
Il connubio poesia e pittura è tutto raccolto nella recente pubblicazione curata da Agata Keran, “Un cammino tra arte e poesia”(2023) dove si ripercorre il percorso spirituale e artistico del professore confluito poi in una mostra delle sue opere più significative.
Vincitore di importanti concorsi pittorici nel Veneto e nel Lombardo, si è pure occupato di argomenti di storia locale contribuendo come coautore alla realizzazione dei volumi Il Duomo di Santa Maria e San Vitale di Montecchio Maggiore, 1992, “Caro Arciprete” 2006, “I cento anni della Scuola A. Manzoni” 2014. Ultimo ma non ultimo “MARIO GUGGINO: Un cammino tra arte e poesia”.
Per il fatto che suo padre era il “Maestro”, Mario ha conosciuto fin da bambino chi poi ha fatto la storia di Montecchio: in primis, Piero Ceccato che per lui e la sorella aveva realizzato una particolare carrozzina da passeggio, un anticipo degli odierni passeggini.
Ma fu amico dei fratelli Ghiotto, dei Corà, in particolare di Remo Schiavo che non lesinava mai nel fargli incontrare l’arte e la bellezza, “Mi chiedeva consiglio per l’acquisto di quadri e pezzi di antiquariato che ora fanno parte del suo grande lascito alla città, mi chiedeva di accompagnarlo nelle botteghe di antiquariato. Ricordo ancora il giorno del nostro viaggio a Trento per comperare un prezioso comò del ‘700. Si fidava dei miei consigli e io ero orgoglioso di essere amico di una persona così dentro all’arte”.
Mario, valido sperimentatore, libero da correnti e scuole, poeta e pittore senza ombra di dubbio. Amante e quindi ricercatore del bello. Il bello che cerca nella quotidianità del suo giardino, della sua casa, posta in luogo incantevole proprio sotto il castello di Romeo. “Il bello va coltivato, va mantenuto con amore e così a fine giornata, quando osservo l’ordine e la grazia del mio giardino sono felice di aver faticato. Come sono fiero della mia dimora, che io stesso ho ristrutturato lavorando intensamente insieme ad Annamaria, sempre cercando il bello, l’armonioso, il giusto connubio con la natura”.
Molti Montecchiani hanno avuto la possibilità di verificare tutto questo, perché i Guggino hanno ben accolto la proposta della Pro Loco, “Angoli verdi nel cuore di Montecchio Maggiore”, e hanno aperto al pubblico il loro giardino, condiviso uno spettacolare angolo di verde, un vero regalo di bellezza ed armonia.