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STRADE DIMENTICATE, MANUTENZIONI A RISCHIO E LA SOLITA FARSA DEL PONTE: QUANDO L’IDEOLOGIA VALE PIÙ DELLA SICUREZZA

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LETTERA AL DIRETTORE.

La notizia è di quelle che fanno infuriare cittadini, sindaci e amministratori locali: i fondi per la manutenzione delle strade verranno tagliati. Il motivo? Quei soldi serviranno per alimentare l’ennesimo mito propagandistico del governo: il Ponte sullo Stretto di Messina. Sì, proprio quello. Il ponte che da vent’anni appare e scompare come un miraggio elettorale, buono per le campagne e per le slide, ma che continua a divorare miliardi prima ancora che si muova una ruspa.
Nel frattempo, il resto del Paese arranca. Le strade provinciali cadono a pezzi, le buche diventano trappole quotidiane e i viadotti tremano al passaggio di ogni camion. Ma va tutto bene, purché si porti avanti il “grande sogno infrastrutturale” che serve più alla propaganda che alla mobilità reale. Come se collegare Calabria e Sicilia potesse avere senso quando entrambe le sponde sono collegate a un deserto di asfalto rattoppato e infrastrutture fatiscenti.
E il ministro? Non pervenuto. O meglio: è ovunque. Un giorno annuncia un nuovo Codice della Strada in chiave repressiva, il giorno dopo parla di nuovi pedaggi autostradali, poi rilancia il federalismo fiscale, e infine si presenta a Padova con l’ennesimo slogan sulla “vera efficienza”. Peccato che dietro i cartelloni blu e gialli non ci sia una sola idea concreta su come mettere in sicurezza il patrimonio stradale del Paese.
Non bastava il taglio ai fondi: a preoccupare ancora di più è l’assenza di controlli antimafia sull’opera più controversa della storia italiana. Una colata di cemento da miliardi di euro senza un adeguato impianto di legalità: un regalo colossale a chi vive di infiltrazioni e appalti truccati. E mentre le imprese sane chiudono e i cantieri locali si svuotano, a Roma si stappa lo champagne.
Nel frattempo, regioni intere come il Veneto, la Lombardia, l’Emilia-Romagna devono fare i conti con manutenzioni bloccate, piani rinviati, investimenti congelati. Un’emergenza che si trasforma in tragedia a ogni frana, alluvione o crollo.
Ma davvero siamo disposti a sacrificare la sicurezza di milioni di cittadini sull’altare di un’opera tanto faraonica quanto inutile? Davvero il Ponte sullo Stretto vale più della vita quotidiana di chi percorre ogni giorno strade dimenticate dallo Stato? O è solo l’ennesima trovata per distrarre l’opinione pubblica e costruire consenso su fondamenta di sabbia e slogan vuoti?

Emanuele Rivellino

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