Ottantanove anni, un’età da pensione. Li compie, l’8 settembre 2024, lo stadio Romeo Menti di Vicenza, ma in pensione non ci va, anzi, e ha respinto definitivamente al mittente la domanda di quiescenza avanzata dai fautori di un successore in periferia. Il fatto è che questo stadio è nel cuore di tutti i vicentini, ormai è un monumento della città.
È la Festa dei oto del 1935 quando si inaugura il nuovo stadio comunale “Littorio” con una partita amichevole internazionale (nella foto). In campo la “acivi” (acronimo popolare di Associazione Calcio Vicenza), appena retrocessa in serie C, ed il Saroksar di Budapest. Vittoria per 2-1 dei biancorossi che fanno debuttare il sedicenne “Meo” Menti, detto Menti 3° perché arriva dopo i fratelli Mario e Umberto. Un debutto che si salderà, quattordici anni dopo, con la intitolazione dello stadio alla memoria di questo giocatore, morto con il grande Torino il 5 maggio 1949 nella tragedia di Superga.
Il “Littorio” è il più importante e capiente impianto sportivo dell’intera provincia. È stato costruito in tempi da record, non è passato infatti neanche un anno dalla delibera del Consiglio Comunale (27 marzo 1934) che approva il progetto. All’opera contribuiscono la Cassa di Risparmio, la Provincia, la Federazione Fascista. Il 31 agosto 1935 la Società Ghiaia Astico consegna l’impianto.
E prima? In città si gioca a calcio già da quarant’anni: i pionieri “inventano” il campo in Piazza d’Armi (fuori porta S. Bortolo) o a Campo Marzo; nel 1911 si inaugura il primo impianto vero e proprio a Borgo Casale; nel ’19 ecco un quasi-stadio, a S. Felice, con tribunetta coperta e spogliatoi. Peccato che non ci sia erba, il terreno di gioco è in carbonella, chi cade resta nero.
Il nuovo stadio sorge in riva al Bacchiglione, scelta oggi inspiegabile: già allora l’area è ai margini del centro storico ed un impianto di 34.000 mq., proprio in quel punto della città, non era il massimo neanche per l’urbanistica di quei tempi. Ma si vuole collegarlo al vicino complesso della G.I.L., alla Piarda, per creare un polo di impianti sportivi.
Lo stadio “Littorio” non è destinato solo al calcio, il campo di gioco è circondato infatti da una pista per l’atletica a quattro corsie lunga 360 metri. Due soli gli ordini di posti, tribuna coperta e, di fronte, i distinti. Niente curve quindi, all’inizio.
Questo assetto rimane per quasi vent’anni. Nel 1953 la Lanerossi acquista l’Acivi e finanzia un ampliamento che, con le nuove curve, porta la capienza a 15.000 posti proprio alla vigilia del ritorno in serie A. Scompare la pista di atletica; invece, sopra i distinti, compare il maxi-cartellone a fondo rosso con il logo del nuovo proprietario e la “R” le che è il logo dell’azienda e lo diventa anche della squadra.
Il 12 dicembre dell’anno successivo, per il derby Lanerossi-Padova di serie B, c’è talmente tanto pubblico che vengono sfondate le reti di recinzione e gli spettatori scendono sul campo. L’arbitro Orlandini non s’impressiona e fa giocare la partita lo stesso, con la gente che arriva sulle linee laterali. Vincono i biancorossi per 1-0.
Nel 1967, il Menti raddoppia. Si costruisce il secondo anello e la capienza sale a 30.000 posti. Undici anni dopo si registra il record assoluto di presenze, 32.500 spettatori per la partita contro la Juventus del 22 gennaio 1978. In campo il Real Vicenza di Paolo Rossi, la squadra che ha dato al palmarès biancorosso il suo risultato più prestigioso, vicecampione d’Italia.
Sono gli anni di Giussy Farina, il primo presidente-imprenditore nella storia del calcio vicentino. Non può essere che lui, in un raptus di grandeur, il primo a proporre di abbandonare il Menti per un nuovo stadio più grande da costruire a Grisignano.
Il Menti, che ha già debuttato a livello internazionale ospitando, il 12 ottobre del ’77, il match del torneo Espoirs (l’attuale Under 21) fra Italia e Portogallo, circa un anno dopo è ancora scenario di un match Uefa. Il 27 settembre 1978 il Lanerossi ospita il Dukla Praga nel ritorno del 1° turno di Coppa Uefa.
Per la prima (ed unica) comparsa della nazionale maggiore invece bisognerà aspettare l’89: l’11 novembre si gioca Italia-Algeria, resterà memorabile solo per i fischi della curva sud a Roby Baggio. Gli azzurri non sono più tornati.
In vista di Italia ’90 arriva anche per il Menti qualche soldo dallo Stato, sette miliardi che vengono impiegati per costruire il settore in cui oggi sono dirottati i tifosi ospiti, la Curva Azzurra e l’edificio alle spalle della tribuna coperta. Il Menti è di nuovo un cantiere nel ’92. Il Vicenza è stato promosso in serie B e la Commissione provinciale di vigilanza impone la chiusura delle parterre. Il Comune impegna 1.200 milioni e sostituisce completamente le gradinate dei distinti che vengono fatti arrivare fin quasi a livello del terreno di gioco. Ma la nuova normativa sulla sicurezza asciuga la capienza portandola a 20.920 posti.
L’11 giugno del 1995 il vecchio Menti festeggia la promozione in serie A. La Gazzetta dello sport qualifica già alla prima giornata il Menti come “stadio albanese”. Nasce il dibattito su stadio vecchio-stadio nuovo, che trova il suo culmine quando la Stellican acquista il Vicenza. Mr Julius propone di trasformare il Menti in una specie di Disneyland con albergo, ristorante, fast food, cinema multisala, centro commerciale e quant’altro. Tutti si innamorano del progetto che, però, si arena ben presto.
Venticinque anni fa comincia la decadenza del Vicenza. Nel quarto di secolo trascorso, poche novità: seggiolini in tutti i settori, rifacimento del fondo, Casa Vicenza e tanti milioni spesi dal Comune per manutenzioni straordinarie.
Tutte le proprietà che si sono susseguite fino a oggi hanno rilanciato l’idea nuovo stadio ma, al massimo, si è arrivati a qualche progetto preliminare. Una cosa è certa: senza un impianto adeguato il Vicenza non potrà mai tornare in Serie A.
Gianni Poggi