Ci hanno messo meno, molto meno, Israele e Hamas ad arrivare alla pace per Gaza che Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia a trovare un accordo per la candidatura alla presidenza del Veneto. Dopo due mesi e mezzo, all’ora di cena (e, quindi, in tempo utile per entrare nei TG delle 20), a Roma – non a Venezia – i tre leader e mezzo della coalizione di Governo (Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, fa tappezzeria) hanno finalmente partorito il patto che, fra l’altro, assegna alla Lega il diritto di esprimere il nome del candidato presidente della Giunta regionale nelle elezioni del 23 e 24 novembre.
Arrivarci è stata dura e ancor più dure sono le condizioni che la Lega ha dovuto mandar giù per ottenere che Alberto Stefani, vice segretario nazionale del partito e candidato in pectore scelto da Salvini stesso, fosse accettato anche da Fratelli e Forzitaliani. Semplificando un po’, sembra che la formula sia: presidente alla Lega e a FDI tutto il resto. E cioè vicepresidenza, assessorati pesanti (Sanità, Bilancio e forse Infrastrutture), presidente del Consiglio e tutto lo spoil system di enti, società partecipate, Ulss, eccetera.
La vera cessione che però hanno dovuto fare a Via Bellerio riguarda un’altra Regione, la Lombardia, che ora è presieduta dal leghista Attilio Fontana ma che, fra tre anni quando si andrà alle Regionali, Salvini si è dovuto impegnare a cedere al partito di Meloni. Questo nella sostanza, perchè formalmente l’intesa, frutto di un lavoro di alta diplomazia, prevede capziosamente che il candidato presidente spetterà al partito che “allora” avrà i numeri migliori. Difficile, molto difficile, pensare che nel 2028 la Lega riuscirà a scavalcare i voti di Fratelli.
Dall’8 ottobre il competitor ufficiale di Giovanni Manildo, suo omologo nel Campolargo del Centrosinistra, è il quasi 33enne Alberto Stefani (cognome ricorrente nella nomenklatura veneta della Lega,) da Borgoricco, paesotto di 9.000 abitanti nel nord del Padovano (di cui è stato sindaco), laurea in giurisprudenza e dottorato in corso (ma dove trova il tempo con tutti gli incarichi che ha?), deputato, presidente della Commissione bicamerale per il Federalismo, vice di Salvini e segretario regionale della Liga.
La agiografia del giovane concorrente alla presidenza regionale è già cominciata e va oltre la sola elencazione di cariche e incarichi perchè è punteggiata di “golden boy” e “enfant prodige” certamente appropriati e esonda sul personale, presentandolo come “bravo toso” tutto Lega e chiesa, sportivo e alla mano, perfino “carino”.
Sotto il profilo politico non si può proprio dire che la sua popolarità nemmeno lontanamente si avvicini a quella del presidente uscente, il “doge” Luca Zaia, e che ci sia al momento un flusso spontaneo di simpatia nei suoi confronti perfino nei leghisti veneti, perchè, in fin dei conti, è senz’altro un uomo di Salvini e molti temono che la sua presidenza sarebbe telecomandata dal segretario nazionale.
E le perplessità sono aumentate dal rischio che nelle elezioni la Lega esca indebolita e che ci possa essere fuoco amico contro di lui da parte dei lighisti duri e puri e, ancora, dalla certezza che Stefani presidente sarebbe ostaggio degli assessori di Fratelli e di Forza Italia.
In Veneto, infatti, non c’è stato un coro di evviva e congratulazioni all’annuncio del via libera alla sua candidatura, lo stesso Zaia (si presenterà per il Consiglio? ci sarà una lista a suo nome?) si è limitato a un post tiepido sui social e chissà che ne pensa Marcato.
Ora Manildo e il Centrosinistra hanno finalmente un avversario, comunque temibile perchè parte da una maggioranza elettorale schiacciante sia cinque anni fa che anche più recente alle Europee e da una disciplina di coalizione apparentemente ferrea. Però Stefani non è Zaia e il suo monocolore uscente non ci risarà nella nuova legislatura. Dalle associazioni produttive locali sono partiti eloquenti avvisi ai futuri governanti della Regione, che non vanno sottovalutati e tanto meno elusi.
Ma la vera incognita è: i veneti di Centrodestra voteranno per un clone di Salvini?
GIANNI POGGI