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REGIONALI 2025. LA LEGA OTTIENE IL CANDIDATO PRESIDENTE MA DEVE MANDAR GIÙ CONDIZIONI CHE POSSONO DISSANGUARLA

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La Lega è stata negli ultimi giorni la protagonista della campagna elettorale per le Regionali del Veneto: è riuscita a ottenere il consenso degli alleati nella coalizione di Centrodestra per il suo candidato presidente, lo ha presentato in pompa magna e ha rilanciato Zaia come capolista in tutti i collegi, salvandolo da una emarginazione che stava diventando problematica, come l’aveva definita lo stesso Doge.
Quella ottenuta dalla Lega il 14 ottobre al tavolo romano della maggioranza è stata una vittoria vera o una di Pirro? Valgono tutte e due le opzioni perchè è stato sicuramente un indiscutibile successo spuntarla (basta vedere quanto c’è voluto) sul candidato presidente, ma le condizioni che ha dovuto accettare per arrivarci sono in realtà delle rinunce così pesanti che potrebbero annacquare il futuro governatorato di Alberto Stefani (nella foto).
Il primo stop, almeno in senso cronologico perchè è immediato, è a Luca Zaia: dopo avergli impedito il terzo mandato, ora no al suo nome sul logo del partito, no alla sua lista e, come contentino, sì al primo posto nelle liste dei candidati al Consiglio in tutti i collegi elettorali. Come dire: ti lasciamo un posticino nell’unica funzione in cui, da un lato, ci torni utile acchiappando voti e, dall’altro, non puoi restarci fra i piedi perchè il consigliere regionale non lo farai.
Bisognerà anche vedere quanti leghisti voteranno il presidente uscente sapendo che, appunto, sulle potroncine di Palazzo Ferro-Fini non si siederà mai o al massimo per un paio di Consigli. Difficile capire se negli elettori leghisti prevarrà una fedeltà “a prescindere” verso il Doge o la riflessione: ma perchè dovrei votare uno che poi chissà che altro andrà fare e dove? Certo non sarà un flop per lui, ma il rischio di un risultato deludente c’è.
Per avere il presidente in Veneto la Lega ha dovuto anche cedere agli alleati tutti gli assessorati regionali che contano e che sono stati suoi per lustri. Stefani sarà ostaggio di una Giunta in cui spradroneggeranno non solo i seguaci di Giorgia Meloni ma in cui dovrà trovar posto necessariamente anche un Azzurro, dopo che il partito fondato da Silvio Berlusconi si è dovuto assoggettare ad una intera legislatura senza assessori? Non solo, perchè anche il presidente del Consiglio regionale non sarà uno con il Leon sul revers della giacca.
L’evacuazione della Lega non sarà solo dagli scranni consiliari ma anche da gran parte delle poltrone dello spoil system regionale: enti, Ulss, società partecipate, direzioni e cda finiranno a portacolori di FDI e FI. Il mondo leghista diventerà una riserva indiana: Stefani, pochissimi consiglieri, quache poltroncina.
Queste Regionali potrebbero diventare un cardine nella storia del leghismo veneto. Lo strappo con il passato sarà forte e sanguinoso e non basteranno i tanti sindaci e amministratori locali ancora in forza Lega a far da contrappeso alla perdita di rappresentanza e di potere che provocherà un risultato elettorale prevedibilmente più favorevole per i Fratelli e magari pure per i Forzitaliani.
Alberto Stefani, uomo di fiducia del segretario nazionale Matteo Salvini essendone uno dei vice, si è presentato all’evento al Geox con toni pacati e temi inediti per il suo partito e più vicini alla sensibilità zaiana che a quella salviniana e, per di più, centrali nel programma e nel dna del Centrosinistra.
Piacerà questo pacato golden boy padovano ai duri e puri dell’autonomia e di Roma ladrona? Ci sarà un fuoco amico, prima o poi, a mettere i bastoni fra le ruote a una governance di impronta più nazionale che veneta?
GIANNI POGGI

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