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PFAS. LA SENTENZA ZENERE DEL TRIBUNALE DI VICENZA DÀ VOCE AGLI INVISIBILI

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Il 13 maggio 2025 è una data storica per la battaglia in materia di tutela della salute dei lavoratori. La sentenza pronunciata dal Tribunale di Vicenza, Sezione lavoro, pone un punto fermo sul tema dei danni alla salute dei lavoratori provocati dall’esposizione alle sostanze Pfas nello stabilimento della Miteni/Rimar di Trissino.
Il Giudice del Lavoro Caterina Neri ha accertato la natura professionale della malattia che ha provocato il decesso di Pasqualino Zenere, ex dipendente della Miteni/Rimar, condannando l’Inail all’erogazione della rendita ai superstiti e al pagamento dei ratei, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.
Zenere ha lavorato nel sito produttivo dal 1979 al 1992 ed è deceduto nel 2014 a causa di un carcinoma uroteriale per il quale, nel 2019, aveva inoltrato la domanda di riconoscimento di malattia professionale all’Inail. L’istituto respingeva la domanda non ravvisando nesso causale tra la patologia e l’esposizione al rischio lavorativo.
Il Patronato Inca-Cgil di Vicenza e del Veneto, che assisteva i famigliari dell’ex lavoratore deceduto, ha messo a disposizione una squadra di medici e avvocati esperti in diritto del lavoro che, nel 2022, hanno promosso la causa nei confronti dell’Inail.
Nel corso del giudizio è stato dimostrato che il lavoratore, che si occupava della fase di neutralizzazione delle acque nel reparto Depurazione, collocato in una posizione adiacente al reparto di produzione, è stato esposto a sostanze perfluorurate (Pfoa e Pfos) in un ambiente lavorativo contaminato e senza adeguati dispositivi di protezione.
Alla luce di tali evidenze, delle numerose testimonianze, della documentazione sanitaria e della consulenza tecnica medico-legale che ha dimostrato “con elevato grado di probabilità” il nesso di causalità fra l’ambiente in cui Zenere ha prestato la propria attività lavorativa e la patologia insorta, il Tribunale ha ritenuto “fondato” il ricorso riconoscendo l’origine lavorativa della patologia che ha determinato il decesso del lavoratore.
Il valore giuridico di questa sentenza è fondamentale, degna di essere ricordata come “sentenza capostitpite” che riconosce per la prima volta il nesso causale tra l’esposizione al Pfas e la patologia “carcinoma”.
A tale indubbio valore giuridico si affianca quello umano: la pronuncia del Giudice del Lavoro, infatti, diventa la voce degli “invisibili”, di tutti coloro che silenziosamente ed incessantemente lavorano con dedizione, con dignità, con impegno, fino a morirne.
Questa sentenza non sarà il punto di arrivo di un percorso individuale ma l’inizio di un lavoro di tutela sempre più ampio che ruota attorno al riconoscimento dei danni dei lavoratori e delle lavoratrici che siano stati esposti a queste sostanze senza il rispetto delle dovute norme di sicurezza e senza adeguati dispositivi di protezione.
Esemplari le parole della figlia di Zenere, che in una sola frase ha espresso tutto il valore che per lei ha avuto questo percorso: “io, per mio papà e per il suo nome, sono soddisfatta”.
GIORDANA RUZZOLINI

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Maria Chiara
Maria Chiara
1 mese fa

Il mio non è un parere,ma una presa di posizione netta da quando è iniziato il processo e sempre sono stata presente a 132 udienze come parte civile per Medicina Democratica che da sempre tutela e segue i diritti dei lavoratori.Oggi questo riconoscimento mi dice che c’è una nesso causa effetto su una contaminazione che senza incertezze è stata perpetrata a danno di lavoratori e senza ragionevole dubbio dai maledetti pfas e famiglia.Tanti sono i lavoratori che ancora l’ avvocato segue nel processo x ottenere il giusto riconoscimento ,ora lINAIL con il suo di riconoscimento rafforza senza meno quello che a fine dell’ arringa l’ avvocato Edoardo Bortolotto difensore ha chiesto.

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