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PER FORTUNA CHE C’È BENIGNI

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E anche quest’anno è arrivato il Festival della canzone italiana. Lo spettacolo degli spettacoli, quello che permette alla Tv di Stato di raggiungere share altissimi, dei quali farsi forti nel continuo confronto con le emittenti commerciali e le pay tv.
Una boccata d’aria fresca per chi si scontra con programmi di altre emittenti sempre nuovi, serie tv che attirano i giovani, eventi sportivi mondiali, e le miriadi di opportunità di intrattenimento.
Con l’arrivo del Festival, per una settimana, tutti i programmi televisivi sono oscurati da quanto accade sul palco dell’Ariston.

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Uno sfavillio di musica, scene, abiti, look più o meno arditi con i quali ci si confronta. Così si può, seduti comodamente sul divano, ammirare, giudicare, criticare. E poi il giorno dopo scoprire che già qualche canzone è entrata in mente.
Chi vincerà? Chi farà il botto di ascolti? Che faranno i super ospiti nazionali ed internazionali? Di sicuro intascheranno soldi, soldi, tanti soldi, per pochi minuti di esibizione. Ma è così! Lo spettacolo lo chiede, il pubblico si aspetta anche molto di più e fa i confronti con le edizioni precedenti.

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Niente di nuovo nel cielo sopra Sanremo! Una settimana di musica che fa bene all’umore, all’anima forse, alle casse Rai certo.
Ma fa bene anche a chi governa. Perché la gente si dimentica in fretta. Il generale Almasri finisce nel dimenticatoio, la folle idea di Trump di trasformare la Striscia di Gaza in una Costa Azzurra mediorientale svanisce, si dissolve.
Unica luce, inattesa, ma benefica, la comparsata di Roberto Benigni che con la sua satira, un po’ contenuta, ma efficace, ha riconciliato con l’idea di spettacolo, piuttosto sacrificata dal Festival, targato Carlo Conti, in nome del politically correct.

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