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ORNELLA VEZZARO, PRESIDENTE DELLA PRO LOCO ALTE MONTECCHIO: “NON HO MAI SMESSO DI COMBATTERE…”

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“Viva la vita” è il motto di Ornella Vezzaro. E, dopo averla ascoltata, non può che essere così.
Tutto inizia a Vo’ di Brendola, in una famiglia molto povera: “Non sempre si riusciva a mettere insieme il pranzo con la cena. Ma devo ringraziare le difficoltà nelle quali ho vissuto fin da piccola, perché mi hanno aiutata a mettermi in gioco, a cercare soluzioni, a darmi da fare, a diventare più sicura e anche più forte”.
Ornella si definisce uno spirito libero, da sempre, come quando raccontava alla mamma che andava a messa e invece girava con le amiche. Ma la sua condizione di ragazza libera la si coglie nel racconto delle sue corse in bici per raggiungere Alte Ceccato, il luogo delle meraviglie con le sue numerose botteghe, segno del progresso, di un mondo nuovo.

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Alte Ceccato – anni Cinquanta – Archivio Storico Foto Cabalisti

Famiglia di origine socialista, con tradizioni contadine. I suoi erano mezzadri. Il padre lavorava però come custode del cimitero locale.
“Allora avevo tanta voglia di andare via e conoscere… Purtroppo eravamo poverissimi e fui costretta ad andare a lavorare dalle suore e anche con lui in cimitero, ma mi diceva: «Impegnati e ce la farai, magari non subito, ma se ci credi prima o poi arriverai a trovare la tua strada». Io comunque stavo bene con lui, ma non accettavo il fatto di non poter studiare perché povera. La consideravo una gravissima ingiustizia. Ma bisognava portare a casa i soldi. Avevo 11 anni quando iniziai a lavorare al maglificio Volcar. Divenni capofamiglia a 14 anni, quando mio padre morì”.
Oggi si parlerebbe di sfruttamento di minori, invece Ornella, facendosi carico di tutte le incombenze familiari, è riuscita ad emanciparsi da quel mondo che non amava.
“Andavo negli uffici a Vicenza se c’era bisogno, al sindacato e ogni mattina con la mia bici raggiungevo la Vetricolor ad Alte, dato che nel frattempo avevo cambiato lavoro.
Eravamo un bel gruppo di ragazze e in fondo ci divertivamo. Tutte sulle due ruote perché era più comodo della corriera che si fermava alla Ceccato e poi a piedi bisognava raggiungere la fabbrica, situata dove oggi c’è la Fondazione Bisazza: meglio la bici anche con il cattivo tempo. Ed era un andare veloce, contro il vento. Il mio record Vo’-Vetricolor fu di 14 minuti!”

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Non male! Ma molto più importante fu l’impegno che la giovane Ornella mise nel suo lavoro.
“Mi piaceva molto quello che facevo, lavoravo nel reparto mosaico d’oro e incollavo l’oro al vetro. Era un ambiente di lavoro molto sindacalizzato e mi entusiasmavano le assemblee in orario di lavoro, pagate, momento di confronto e, per me, di conoscenza. Centrali la questione sicurezza sul posto di lavoro e l’inquinamento. Sapevamo tutti che intorno alle nostre fabbriche morivano le viti, si rovinavano le cancellate e i muri. Avevamo intuito che la dirigenza pagava le famiglie intorno per nascondere i danni causati dalle emissioni nocive che bruciavano tutto. Ma ne vedevamo le conseguenze anche nei reparti, perché ogni tanto c’era qualcuno che sveniva.
Allora, battersi per la salute e per l’ambiente, è stato importante. Sentivo molto meno la questione dei diritti delle donne perché bisognava lavorare, era un orgoglio lavorare, avere un posto e mantenere la famiglia era un dovere che sentivo fortemente dentro di me. Fui subito cooptata dal sindacato e cominciai un importante percorso di formazione per me, che ero affamata di conoscenza e che rubavo Famiglia Cristiana dalle suore pur di informarmi e leggere. Poi, sempre grazie al sindacato, ho frequentato le 150 ore e ho conseguito la licenza di Terza media. Ero brava, appassionata, scrivevo bene e così facevo i temi anche per i miei compagni e loro, invece, mi passavano matematica. Allora mi appassionavano i corsi di formazione legati al commercio. Il mondo stava cambiando e il sindacato preparava i suoi iscritti a partecipare ai tavoli dove si decidevano i piani commerciali di un paese, di una città. Dove collocare i negozi, la grande distribuzione, i servizi. Si pensi all’attuale statale 11 che da Montecchio a Vicenza è diventata una lunga strada mercato. Ho lavorato alla nascita delle aree ad alta densità commerciale come le Piramidi, il Centro Commerciale Palladio che hanno completamente cambiato l’idea di commercio”.

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Nasce il Centro Commerciale Le Piramidi – Novembre 1991

Non solo formazione e studio, sempre gestiti con accuratezza ed impegno, ma anche ruoli di vertice nel settore chimico, con importanti battaglie per la salute dei lavoratori.
“Mi preparavo, studiavo come una matta perché sapevo che, in quanto donna, non mi sarebbe stato concesso anche un pur minimo errore. Ogni momento libero era per leggere, per aggiornarmi”.
Nel frattempo Ornella si sposa, con Lino Vandin, di Alte, ma proveniente da San Giovanni Ilarione, e ha due bimbe. La gestione della famiglia la porta, dopo 22 anni, a lasciare la fabbrica per aprire una rivendita di tabacchi in Piazza Carli, mentre la sua carriera sindacale si arricchisce di nuovi traguardi: grazie alla passione per il commercio diventa presidente della Confesercenti, con particolare interesse per il settore della somministrazione, ma seguiva moltissimo anche i corsi per l’iscrizione al Registro Esercenti e il Commercio e poi le battaglie per gli ambulanti e dei distributori di Carburante.
“Ero fuori tutte le sere, il mio impegno mi portava in giro per la provincia, non ero mai ferma, ma mi piaceva il rapporto con le persone, il conoscere, l’imparare e soprattutto trasmettere agli altri anche l’idea che ci sono vari modi di fare il commercio, approcci diversi e noi lo insegnavamo. Se si pensa che io ho imparato a cucinare grazie ai suggerimenti del fruttivendolo di fiducia Girolamo Rigolon che mi vedeva super impegnata e che mi portava a casa la spesa. Ora con la grande distribuzione manca la relazione, non si guardano in faccia i clienti…”
Tuttavia ciò di cui va molto fiera sono i corsi da lei organizzati in Confesercenti per le donne che avevano l’intenzione di metter in piedi un’impresa: Donna & impresa – Impresa per le donne.
“Il corso costava 10 euro, il costo delle fotocopie, ma intanto si formavamo. Le accompagnavamo anche in banca per eventuali prestiti. Ho raccolto i sogni di tante donne che poi si sono anche realizzati, come quello della signora, moglie di un imprenditore del settore immobiliare, che ha creato la sua impresa e le ha dato il nome “Non Solo Casa”, perché partiva da una prospettiva diversa: la casa non solo come edificio, ma anche luogo della famiglia, degli affetti, dei valori.
Ricordo ancora la prostituta che non poteva avere prestiti dalle banche e che in ufficio, davanti a me, ha fatto i conti di quanto avrebbe dovuto lavorare per poter avere tutto il denaro per avviare un locale. Ci è riuscita perché le donne hanno grandi potenzialità, soprattutto possiedono una sensibilità che gli uomini non hanno, le donne vanno oltre”.
Tante iniziative dunque per la nostra Ornella, impegno a tutto tondo anche nella collaborazione con l’Amministrazione locale, ma poi arriva quello che non si vorrebbe mai capitasse.
A fine 2014 comincia a stare male: dolori lancinanti, vomito, diarrea e grave irritazione della pelle, con tagli e ferite che si infettavano. Che cosa avesse, nessuno riusciva a diagnosticarlo.
E’ iniziato così l’iter tristissimo che porta un malato dal medico di base al Pronto soccorso, alle visite specialistiche, ai ricoveri sempre più frequenti, senza che si trovi un perché.
“Ma io stavo male, avevo mani e piedi fasciati, non trattenevo nulla di quello che mangiavo. Non potevo uscire a causa degli attacchi di diarrea. E per fortuna che c’era mio marito sempre pronto ad assistermi e a portarmi a fare visite che, però, non portavano a nulla. Ho così capito che cosa significhi avere un po’ di disponibilità economica per pagarsi le cure e le vite costose. Se non fosse stato così non sarei qui, avrei dovuto accettare quelle parole che sanno di sentenza: «veda lei, noi quello che potevamo l’abbiamo fatto!»”
Ornella arriva anche a decidere di metter fine a quella sofferenza, si informa sul suicidio medicalmente assistito e sulle possibilità di andare in Svizzera, visto che in Italia non è ancora legale.
“Avevo studiato tutto, perché non volevo che a pagare per la mia scelta fosse poi la famiglia. Ho affrontato con serenità la cosa con mio marito e le mie figlie. E’ stato difficilissimo, ma quando si vive senza vedere uno spiraglio di luce, soffrendo dei dolori atroci, sapendo che le ore che hai davanti si ripeteranno sempre uguali e sempre con dolori più forti, diventa naturale decidere che è meglio andarsene, anzi non ne vedi l’ora.
Ho incontrato i volontari dell’Associazione Luca Coscioni a Vicenza che sono stai meravigliosi, precisi nelle informazioni, ma nello stesso tempo sono riusciti a trasmettermi uno spiraglio di speranza, proprio loro che si battono per una legge sul Fine Vita.

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Ho avuto la fortuna di essere ricoverata al centro di Negrar dove sono stata sottoposta a nuovi esami e, grazie ad approfondite ricerche, finalmente hanno scoperto che avevo un tumore raro, cancro neuroendocrino con glucagone, che aveva invaso la coda del pancreas e altri organi importanti. Bisognava operare subito, ma ciò che ha cambiato le mie prospettive sono state le parole della dottoressa che mi seguiva. Non ha mai detto: «veda lei» ma sempre come fosse lei stessa il malato diceva: «ci proviamo Ornella a fare l’intervento? Siamo qui insieme per provarci!»
Ci abbiamo provato grazie a lei. Se oggi sono ancora qui è solo merito suo. E’ stata durissima, il dopo intervento è stato lungo, lunghissimo, doloroso, straziante e difficile, ma vedevo la luce in fondo al tunnel. Dal baratro nel quale ero caduta mi stavo risollevando lentamente e con fatica. Ho passato dei mesi della mia vita, annotando l’ora e quante volte andavo in bagno. Ogni giorno prendevo nota di quanta strada percorrevo attaccata ad un corrimano azzurro che era in reparto fuori della mia stanza! Quanta strada abbiamo fatto insieme io e il mio compagno di vita. Sono anche nel frattempo diventata paziente formatore per la facoltà di medicina di Modena e Reggio Emilia. Ovvero racconto ai futuri medici e infermieri dell’università cosa significa avere una patologia rara, cosa significa essere mandati a casa da un centro dove dovrebbero curarti e sentirti dire: «non torni più qui».
Cosa significa essere un paziente che, a causa di una malattia non conosciuta, deve subire anche umiliazioni ed emarginazioni. Ho visto studenti piangere durante il mio racconto e spero che questo serva a loro per mantenere intatta un po’ di umanità e a diventare medici che guardano ai malati come persone che hanno bisogno di essere ascoltati, accolti, non come numeri da smaltire prima possibile per far quadrare i conti delle aziende sanitarie. Il malato va in ospedale per bisogno, non per diletto, quindi la sofferenza del malato merita una maggiore attenzione”.
Superata la grave crisi, consapevole che il tumore sarà suo compagno di vita da tenere sempre sotto controllo, il suo motto è cambiato e ogni mattina si ripete: “Viva la vita fino a quando è vita!”

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Ornella con il giornalista Andrea Pamparana conosciuto durante la sua malattia

Oggi è presidente della Pro Loco Alte Montecchio e sta portando avanti tanti progetti, in primis quello della formazione di giovani nella gestione degli eventi che l’ente mette in campo.

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Ornella con lo staff della Pro Loco alla fine di un weekend dedicato alla “Festa dea poeta e scopeton”

Organizzatori, animatori, guide, traduttori, esperti di accoglienza, questi sono i giovani che la seguono nelle tante iniziative all’insegna dell’inclusione sempre, per cui ogni evento ha l’esperto della lingua dei segni per i non udenti. Si organizzano percorsi per persone cieche o per chi ha difficoltà motorie.

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In Villa Gualda per la giornata dedicata agli Spettacoli di Mistero

Una gran rivoluzione. Non sa cucinare, ma sa fare altre cose, si sente fortunata e dice: “La malattia è una grande scuola e io voglio vivere a lungo. Festeggiare ancora tanti compleanni perché la vita è una cosa bellissima e io sono felice di farne parte e di mettermi al servizio di questa comunità”.

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