
LR VICENZA. A LECCO SENZA RONALDO MA CON L’OBBIETTIVO DI NON PERDERE PIÙ TERRENO
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Il 30 luglio è il giorno del compleanno di Roberto Filippi, uno dei giocatori simbolo del Real Vicenza, com’è chiamato da quasi cinquant’anni il Lanerossi Vicenza (quello vero, non il surrogato odierno) che, dal 1976 al 1979, fu la squadra più innovativa e spettacolare del calcio italiano.
Assemblato con quattro soldi dal presidente Giussi Farina, allenato da un grande tecnico come Giovan Battista Fabbri, esaltato da un centravanti Campione del Mondo e Pallone d’oro come Paolo Rossi, il Real Vicenza è, nella storia del calcio vicentino, la squadra che ha ottenuto il miglior risultato agonistico di tutti i tempi, classificandosi al secondo posto nel campionato di Serie A 1977-1978. E, per carità di patria, non approfondisco come gli fu sottratto uno scudetto che aveva sicuramente meritato sul campo.
Ho ricordato tre personaggi che sono stati gli artefici di quel miracolo del calcio provinciale di mezzo secolo fa (presidente, allenatore e bomber) ma, io che ho avuto il piacere e la fortuna di veder giocare quei ragazzi ed essere amico di alcuni di loro, posso dire che un merito enorme dei loro successi va attribuito a Roberto Filippi.
“Pippo” (uno dei suoi soprannomi, con “Furia”) è stato il giocatore più singolare nella storia del Lanerossi. Portava la maglia n. 11 ma non era un’ala sinistra (usava entrambi i piedi, trovamene uno oggi), in realtà giocava a tutto campo.
Padovano, la sua carriera precedente è quasi tutta nel Padova: 5 campionati. Nell’ottobre del ’75 (l’anno prima del Real) lo porta al Lanerossi il presidente Farina, con un giro fra società collegate: Giussi, infatti, è da pochi mesi il proprietario occulto della società biancoscudata e, con questa operazione, conferma il suo fiuto di uomo-mercato.
Perchè Filippi è stato una delle colonne di quella squadra? Perchè ha interpretato un ruolo-chiave nel gioco di G.B. Fabbri, quello dell’uomo a tutto campo che, nella stessa partita, poteva fare il difensore, il cursore e il centrocampista. A quell’epoca i giocatori avevano posizioni più rigide di oggi e aree di azione limitate e Fabbri ebbe il genio e il coraggio (mutuando, per primo in Italia, la lezione del calcio olandese) di affidare a Filippi, dotato di doti agonistiche e atletiche non comuni, la funzione di garantire le sortite di difensori (in primis quelle del libero Giorgio Carrera) e centrocampisti. Dove c’era da coprire un buco, c’era sempre lui, Pippo Filippi.
Era uno spettacolo in campo, Filippi. Non era altissimo e nemmeno muscolare, ma molto veloce e scattante e, quando partiva palla al piede, con i lunghi capelli neri al vento, veniva giù il Menti. Era un idolo dei tifosi e, come tutti i giocatori del Real, era modesto e alla mano, forse fin troppo riservato.
Pippo avrebbe fatto la differenza anche in Nazionale ma il Lane era fuori del grande giro. Riuscì a farsi strada in azzurro a suon di gol solo Paolo Rossi, ma lui e Carrera (che avrebbero meritato almeno una convocazione) non riuscirono mai a forzare il blocco Juventus.
Con nostalgia e amicizia mando i miei auguri a Roberto, ricordando le sue 200 presenze in biancorosso e i momenti esaltanti che, con i suoi compagni, ha regalato al calcio vicentino.
GIANNI POGGI
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