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LR VICENZA. I TRE PUNTI SONO ARRIVATI, PER IL GIOCO RIPASSARE

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Scherzi a parte, la vittoria dell’LR Vicenza sul Lecco è buona solo per i tre punti aggiunti alla classifica e per poco altro. Ma bisogna farsene una ragione: in un campionato in cui perfino la capolista esprime un gioco funzionale e strutturato ma certo non bello, in cui il 90% delle squadre imposta le proprie prestazioni all’opportunismo e alla contingenza, in cui tutti – tranne il Padova – vanno a fasi alterne, l’unico metro di giudizio è il risultato. Che va conquistato in qualsiasi modo ma prevalentemente con l’agonismo e con il non mollare mai, in fondo siamo in Serie C e gli esteti si vadano a gustare il palato in A o in Champions.
Questo girone A si è ormai connotato per una diffusa mediocritas, nemmeno tanto aurea, con le squadre top che non vanno per il sottile e, anzi, vanno dritte a far punti e con le avversarie che resistono sì e no un tempo e poi si adattano a rischiare il meno possibile arroccandosi nei propri sessanta metri.
Non è facile giocare contro chi si limita a frapporre dieci giocatori in una metà campo, chiudendo le linee di passaggio e i corridoi perchè l’obbiettivo e il copione lo impongono. Le partite diventano brutte e noiose e il gioco scontato e ripetitivo, poi arriva il golletto e finisce lì il confronto.
Si può anche aggiungere che di qualità ce n’è davvero pochissima nelle rose, mai come quest’anno non si vedono nè talenti nè talentini in campo, le belle giocate e i tocchi di classe sono rarissimi, ormai basta conquistare un calcio d’angolo per ottenere gli applausi dei tifosi.
Su questa falsariga si è sviluppata Vicenza-Lecco, da un lato la vicecapolista con la mira di non peggiorare il distacco dal Padova e, dall’altro, una retrocessa che non è finora riuscita a reggere il ruolo di naturale candidata al ritorno in B, tanto da indurre la dirigenza a licenziare l’allenatore con la squadra al 6° posto in classifica.
Sul green del Menti, davanti a quasi 9.000 spettatori in stragrande maggioranza vicentini, con il sostegno di un pubblico che non si rassegna al primato dei biancoscudati, il Lane ha mantenuto l’impegno di cancellare la brutta prova di Novara e di dar vita a un confronto agonisticamente accettabile. C’è riuscito nascondendo e superando a malapena i suoi ormai conclamati limiti, dalla mancanza di ricambi in difesa alla atrofia dei due centrali, dalla carenza sulla fascia destra al calo di condizione di Costa, dalla inconsistenza del modulo d’attacco 2+1 all’inspiegabile grigiore di un Della Morte che, in tre mesi, si è trasformato da star a comprimario.
Non è un caso, quindi, che il Vicenza non si esprima oggi con il piglio del top team e, fra infortuni e cali di forma, Vecchi è costretto a essere creativo nel mettere insieme un 11 decente e nell’ideare soluzioni tecniche e tattiche talvolta un po’ cervellotiche e quasi sempre corrette in corso di gara. Bravo, però, il tecnico a tenere unita la squadra e in linea fino alla fine del match.
Il primo tempo è stato addirittura equilibrato e il Lecco, ordinato e ben disposto anche se inconsistente dalla cintola in su, ha fatto la sua parte con dignità senza rischiare quasi nulla e meritando il risultato in stallo. Nella ripresa i biancorossi sono stati più intraprendenti mangiando spazio agli avversari, che si sono via via accartocciati a difesa della propria area nella speranza di portare in fondo lo 0-0 sfruttando la pochezza al tiro del Vicenza.
I punti memorabili della partita sono stati due: il rigore calciato da Zamparo in Curva Sud e lo shoot di Carraro (nella foto dal sito della società) che ha cambiato il risultato. Pochino, è vero, ma abbastanza per accontentare i tifosi, sempre più generosi, bendisposti e fiduciosi a oltranza.
GIANNI POGGI

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