Non so voi, ma si è ben stanchi delle scaramucce politiche che riempiono le colonne dei nostri quotidiani e le news in Tv. Tuttavia si è ancora più stanchi e preoccupati delle dichiarazioni che ogni giorno vengono postati sui social e che spesso sostituiscono la comunicazione ufficiale anche dei Vertici dello Stato.
Un testo social non può prendere il posto delle comunicazioni ufficiali di un’istituzione: per quelle valgono i comunicati stampa, le note di gabinetto.
Il testo su X manca, di fatto, della forma che rende il messaggio ufficiale, al di sopra delle parti, neutro. Perché un’istituzione dello Stato per sua natura deve mantenere la neutralità.
Invece i politici italiani sono diventati tutti degli influencer, da sinistra a destra, e usano espressioni che poco hanno del politicamente corretto, anzi spesso sono espressioni di odio o trasudano rabbia.
Sono messaggi che acuiscono lo scontro tra le parti, anziché creare le condizioni per un dialogo, magari acceso, ma nei limiti dell’educazione, magari in lingua italiana.
Così, se da una parte si è “underdog”, dall’altra si è “radical chic” e la gente non comprende.
Underdog, che si è fatto da solo e quindi da ammirare, a destra, comunisti con il rolex dall’altra.
Ma basta! Si facciano le cose con serietà!
Chi è chiamato a governare lo faccia senza nascondersi dietro alla mania di essere perseguitato, spiato…
I radical chic facciano a meno di mostrare quel senso di superiorità culturale che non piace alla gente.
Si pensi al bene comune, si pensi alla salute della gente, si pensi alla scuola che sta andando sempre peggio, si pensi all’economia che arranca. Si rinunci ad usare parole incendiarie che fanno male, non tanto a chi le pronuncia piuttosto a chi non sa come curarsi o non arriva a fine mese.
In tv invece sembra che vinca chi urla di più, chi non ascolta e continua ad interrompere l’interlocutore, con la conseguenza che lo spettatore non capisce nulla.
Si arriva addirittura a rimpiangere i tempi della pacatezza delle serissime tribune elettorali, quando il conduttore sapeva gestire i rappresentanti di tutti i partiti, evitando scontri verbali o sovrapposizioni.
Ma allora il giornalista faceva il giornalista e non era alla ricerca di protagonismo!
I programmi non dovevano fare i conti con lo share e la tribuna televisiva era politica e non spettacolo. Oggi è diventata show e le televisioni fanno a gara per mettere in scena format sempre più lunghi, si arriva a notte tarda, e sempre più si gioca sul protagonismo dei soliti noti e non solo. La formula è molto semplice: si prenda un po’ di pubblico che applaude a comando, si inserisca un giornalista conduttore conosciuto, meglio se di bell’aspetto, si aggiungano ospiti capaci di incendiare gli animi con le loro intemperanze o di attrarre per capacità dialettiche. Si faccia incontrare, meglio scontrare, chi si sa essere avversari duri…Agitare il tutto con forza e si avrà una trasmissione di cui si parlerà, il giorno dopo, sui social. E il pubblico da tutto questo dovrebbe farsi un’idea?
Il pubblico invece scappa, soprattutto i giovani. E quasi il 60% degli Italiani decide di non votare.