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IL RITORNO DI TRUMP POTREBBE ESSERE LA SCOSSA CHE FA SVEGLIARE L’EUROPA.

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Il ritorno di Trump alla Casa Bianca genera entusiasmi da parte dei suoi sostenitori e fortissime preoccupazioni in giro per il mondo.
Le sue parole sempre sopra le righe, le sue minacce, mai velate, raccontano di un Presidente Americano che intende interferire pesantemente nei confronti dei Paesi vicini – Canada, Messico, Panama, Groenlandia – ma che non si fermano nemmeno di fronte ai suoi storici alleati.
Parlo dei dazi minacciati, ovviamente, ma anche della richiesta-ordine di aumentare le spese militari per tutti i Paesi della NATO. Questa pretesa, oltre che essere irricevibile per motivi di principio, è impossibile da realizzare praticamente per i bilanci di tutti gli Stati che fanno parte della NATO.
Tutte queste situazioni dovrebbero finalmente svegliare l’Europa e indurla a decidere sulle questioni poste da anni e che non hanno mai trovato finora una soluzione.
L’Europa si trova di fronte a una sfida storica perché deve trovare la sua funzione nella competizione internazionale, nella ricerca di nuovi equilibri mondiali pacifici, all’interno della poco pacifica ma fondamentale disputa tra autoritarismi e democrazie.
E all’Europa Unita conviene soprattutto non farsi marginalizzare.
Il ruolo di partner ininfluente non porterà a medio termine nessun vantaggio all’Unione Europea e per nessun singolo Paese dell’Unione, nemmeno la Germania, sarebbe un vantaggio raggiungere pseudo accordi privilegiati con gli Usa. Meno che meno quindi l’Italia, che potrebbe sì procurarsi rapporti positivi nel breve ma che si condannerebbe a svolgere un ruolo subalterno e ossequioso nei confronti degli Usa e contemporaneamente di membro poco affidabile se non di rottura all’interno della UE.
L’Europa – invece insieme – deve raccogliere l’occasione che la sveglia Trump ha suonato.
Ha saputo dimostrare unità e decisionismo e velocità in momenti di crisi come la storia recente ha dimostrato.
L’acquisto comune di vaccini, durante il Covid-19, l’emissione di Eurobond per finanziare la ricostruzione post pandemia, le decisioni unanimemente (o quasi) prese per difendere l’indipendenza dell’Ucraina, dimostrano che, sottoposti ad una situazione di stress, anche i politici europei sanno decidere ed agire con la velocità necessaria.
Nella competizione economica, e sullo sfondo militare, tra Cina e Stati Uniti, l’Europa deve giocare la sua partita con una buona dose di autonomia.
Nel medio periodo la sfida per l’Europa è dunque mantenere la competitività internazionale. Innanzi tutto sul tema della difesa comune. Un tema su cui da oltre un quarto di secolo ci si confronta, tutti convinti della necessità di una scelta, non ancora tutti disponibili a cedere questo elemento di sovranità nazionale. Pensate come sarebbe l’Europa oltre che con una moneta unica anche con una difesa comune. Sarebbe un passo straordinario verso un’Unione più salda e più forte.
Inutile perdersi dietro a chi vede in questo una deriva militarista. Vale tuttavia almeno la pena di spiegare che l’aumento in ordine sparso delle spese militari nazionali, all’inseguimento di improbabili percentuali proposte, minacciate o imposte, avrebbe impatti molto peggiori sui bilanci dei singoli Stati. Ma è anche sul tema delle grandi piattaforme digitali, sui sistemi delle telecomunicazioni satellitari che l’Europa deve decidere e non attendere oltre. E’ costretta a farlo per non rimanere soffocata dalle prepotenze di pochissimi ricchissimi imprenditori privati.
Le informazioni, i dati, le conoscenze determinano già nel presente, ancora di più lo faranno nel futuro, la cifra del livello di democrazia di ogni comunità.
Come la storia recente ci ha insegnato l’Europa per svegliarsi dal suo torpore ha bisogno di una sveglia potente.
L’insediamento di Trump potrebbe avere la suoneria giusta.
Tuttavia ci sono responsabilità importanti che cadono sulle spalle di noi europei.
A Bruxelles servono ambizione, coraggio e leadership.
A tutti noi serve una buona dose di sano patriottismo. Patriottismo europeo.

Maurizio Scalabrin

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