Finalmente un programma di successo per mamma Rai.
Trattasi dello sceneggiato o fiction o romanzo a puntate, come lo si vuol definire, andato in onda nelle ultime quattro domeniche in prima serata, Il Conte di Montecristo. Produzione franco italiana, liberamente tratta dal romanzo di Alexandre Dumas padre. Share altissimo, sbaragliati i programmi della concorrenza, finalmente qualcosa che ha tenuto gli Italiani davanti alla TV. Qualcosa che ha scatenato i social e ha segnato una vittoria per la TV di Stato.
Che cosa abbia così tanto attratto è facile a dirsi. Il romanzo parla di ingiustizia subita, di conseguente vendetta perpetrata con tragica lucidità. Di amore, di amicizia, di famiglia vera e di famiglie che poggiano sull’ipocrisia e sulle bugie.
Temi tutti di attualità ma trasferiti in un tempo lontano. Avvenimenti storici fondamentali fanno da cornice alle vicende di Edmond Dantes, il giovane marinaio di Marsiglia che si ritrova ad essere incarcerato con l’accusa di essere un cospiratore bonapartista. Starà chiuso in un carcere inaccessibile per 15 anni. Poi la fuga rocambolesca, il ritrovamento di un tesoro che lo rende ricco e potente e quindi l’inizio della vendetta nei confronti di chi gli ha rovinato l’esistenza.
La trama giusta per tenere il pubblico incollato davanti allo schermo. E chissà se, nel frattempo, qualcuno si è ricordato che ancora oggi ci sono persone che vengono incarcerate ingiustamente: si pensi al caso Navalny in Russia, lui purtroppo vi è morto, e a quanti muoiono nelle carceri iraniane…
E come si giustifica la vendetta studiata da Dantes? È giusto ricambiare il dolore con il dolore?
Un’ altra domanda. Perché il tesoro? Forse perché solo se si è ricchi e quindi potenti si può avere giustizia?Sono domande che non intendono rovinare la fiction, ben fatta, ben recitata, curata nei particolari. Ma invitano a pensare.
Interessante poi anche il confronto con quanto già prodotto in passato. E quindi, grazie alla Rai che mi ha spinto a rivedere il primo sceneggiato, quello del 1966, in bianco e nero con un affascinante Andrea Giordana. Su Rai Play lo si può riguardare e quindi anche notare le differenze delle sceneggiature e capire il perché di certe scelte attuali.
Difficile mettere in scena un romanzo di quasi mille pagine. E’ sempre necessario fare delle scelte che magari non piacciono a chi l’ha letto tanti anni fa. Il tempo della fiction non coincide con il tempo del romanzo. Ci si deve concentrare su ciò che meglio sintetizza la vicenda, sui personaggi che più incarnano il messaggio che l’autore intendeva trasmettere. E allora la sceneggiatura può puntare di più sull’uomo che cerca la vendetta, o sull’amore del giovane tradito, sull’amicizia. Di certo sbagliano coloro che si aspettavano il lieto fine che non c’è perché non può esserci. Come può viver felice e contento chi ha fatto della vendetta una sua ragione di vita, chi ha dimenticato che contro i crimini deve intervenire la giustizia e ai tribunali si devono affidare le sentenze?
Rosanna Frizzo