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FERDINANDO RODOLFI IL VESCOVO DI VICENZA CHE SCOMUNICÒ GLI SQUADRISTI E FECE ARRABBIARE MUSSOLINI

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Ferdinando Rodolfi è stato vescovo di Vicenza per trentadue anni, dal 14 febbraio 1911 (data della bolla di nomina del papa Pio X, di cui era assistente al soglio pontificio) al 12 marzo 1943, il giorno della sua morte. Ha accompagnato, durante il suo episcopato, un lungo ed importante tratto della storia della città, che comprende le due guerre mondiali ed il Fascismo, in cui il presule ha avuto modo di agire con autorevolezza e incisività.
Rodolfi era nato nel 1866 a San Zenone Po (il paese anche del grande giornalista e scrittore Gianni Brera), a Roma conseguì la laurea in filosofia nel luglio 1902 e quella in teologia nel 1904. Fece il solenne ingresso a Vicenza il 23 luglio 1911 e fu accolto con favore dal clero democratico e riformista, ma fu osteggiato dal clero e dai cattolici intransigenti e conservatori. Antimodernista al punto di attaccare in uno scritto l’insegnamento nelle scuole del darwinismo, fu però un innovatore fin dall’inizio della organizzazione del clero nella diocesi.
Fu un interventista e, in coerenza, diede un forte appoggio alle autorità militari per la assistenza dei feriti, mettendo a disposizione il Seminario per istituirvi un ospedale, e a quelle civili per la accoglienza dei profughi dell’Altipiano dopo la Strafexpedition.
Ai primi di febbraio del 1917, insieme al sindaco guidò una processione a Monte Berico durante la quale fu fatto voto solenne di osservare come festivo in tutta la diocesi e in perpetuo il giorno 8 settembre, sacro alla Natività di Maria Santissima, in cambio della protezione divina da incursioni nemiche nel territorio vicentino.
In campo politico e sociale Rodolfi appoggiò il sindacalismo cattolico di mons. Giuseppe Arena, mediò le spaccature che dividevano i cattolici, approvò e appoggiò dall’esterno la nascita del Partito Popolare (che nelle elezioni del 1921 e del 1922 ottennero in provincia – ma non in città – un grande successo) e favorì la ripresa dell’Azione cattolica nel dopoguerra.
L’atteggiamento del vescovo Rodolfi verso il Fascismo fu, inizialmente, favorevole in considerazione dell’argine che opponeva al Socialismo e della maggiore attenzione verso la Chiesa.
Ma ben presto arrivò allo scontro con i fascisti locali:  nella notte fra il 7 e l’8 aprile 1924 a Sandrigo, una squadraccia fascista, che cercava mons. Giuseppe Arena (arciprete del paese) per punirlo di una supposta opposizione politica durante le elezioni generali, entrò in canonica, umiliò e picchio a sangue due sacerdoti e la perpetua.
Rodolfi scrisse immediatamente a Mussolini e comminò la scomunica agli esecutori e ai mandanti dell’aggressione. Questo evento ebbe una larga ripercussione in tutta Italia; quando nel settembre dello stesso anno Mussolini venne a Vicenza per inaugurare il Piazzale della Vittoria, ricevette il vescovo per tentare una pacificazione.
Rodolfi, inoltre, favorì la ripresa della Azione Cattolica, che alla fine del suo episcopato contava oltre 80.000 iscritti, il 13,8% della popolazione, uno dei migliori risultati tra le diocesi venete. Ciò, ovviamente, lo mise di nuovo in contrasto con il Regime, perchè le organizzazioni giovanili e sociali della Chiesa si rivolgevano alle stesse fasce di popolazione di quelle del PNF.
Nel 1931 il vescovo prese un’altra forte posizione antifascista dopo che fu assalita a Vicenza la sede dell’Azione Cattolica. Rodolfi denunciò i metodi violenti e illegali dei fascisti con una famosa lettera inviata alle autorità locali e a Mussolini: una requisitoria durissima, che suscitò la sdegnata protesta del Duce il quale la respinse «nel contenuto e nella forma» e «non meno nettamente nelle sue velate ma non troppo generalizzazioni» con le quali aveva voluto «umiliare il fascismo» (Tradizione e innovazione, 1996).
Nel seno dell’Azione Cattolica vicentina si formarono molti futuri intellettuali e politici che, nel 1943, fondarono la Democrazia Cristiana e, nel dopoguerra e per decenni, operarono come amministratori locali e alcuni di essi si affermarono anche a livello nazionale.
GIANNI POGGI

Nella foto dell’Istituto Luce una adunata di militari e fascisti nel piazzale della Vittoria nel 1928 

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