QUANDO SI PERDE LA SPERANZA E RIN TIN TIN NON ARRIVA
Dopo il dramma della seconda guerra mondiale, con l’affermarsi del mito degli Stati Uniti d’America che avevano salvato il mondo dalla catastrofe nazista e che
È compito dello Stato proteggere i suoi cittadini, garantirne la sicurezza, salvaguardarne la salute.
Sono principi costituzionali che trovano la loro espressione nella quotidianità grazie ad istituzioni che lavorano per l’ordine pubblico, intervengono nelle emergenze di ogni tipo, curano.
Non ce ne accorgiamo ma intorno a noi si muove un mondo che si preoccupa per noi e se ci sentiamo sicuri è proprio merito delle tante forze che operano. Fanno parte dell’Esercito, cui spetta la forma più alta di garanzia di protezione, dei Carabinieri e dei Vigili del Fuoco. Tutte le Polizie espressione del Ministero degli Interni: stradale, ferroviaria, postale, ambientale, amministrativa giudiziaria, scientifica. In queste denominazioni si colgono immediatamente le mille sfaccettature dell’azione di protezione che si sintetizzano concretamente nei numeri di emergenza, quelli che non vorremmo usare mai, 113, 112, 115,118. Purtroppo, invece, succede e allora si mette in moto la macchina del pronto intervento e soccorso.
La protezione che lo Stato garantisce è dunque quella che riguarda il singolo e la collettività, ma se esiste il diritto alla protezione, esiste anche il dovere alla protezione, che per il semplice cittadino significa rispettare quelle regole che garantiscono il meglio per la persona e la collettività.
Tuttavia il cittadino va anche oltre e così negli anni si è assistito a mobilitazioni di giovani, di lavoratori che sono accorsi nei luoghi in cui si erano verificate delle catastrofi.
Si pensi all’alluvione in Polesine negli anni 50, al disastro del Vajont, ma soprattutto all’alluvione di Firenze, quando tanti giovani studenti accorsero per salvare dall’acqua opere artistiche e volumi antichi.
Poi il terremoto del Friuli nel 1976 e quello dell’Irpinia quattro anni più tardi.
La gente partiva e si affiancava alle forze di soccorso preposte per salvare, per aiutare. Esisteva di fatto il volontariato, importantissimo, fondamentale nella gestione delle calamità, sotto tutti i punti di vista.
Perché, se è vero che niente funziona meglio degli interventi dell’Esercito o della Croce Rossa, senza chi pensa a cucinare per tutti, o ad allestire dormitori, o a trovare medicine e indumenti, la macchina dei soccorsi si fermerebbe.
Ecco perché nel 1992 si è pensato di mettere insieme tutte queste energie creando il servizio di Protezione Civile.
Dentro alla Protezione Civile ci sta tutto: il coordinamento dei volontari, i rapporti con Esercito, Vigili del Fuoco, Carabinieri, ospedali, l’enorme macchina che si mette in moto in caso di grave necessità, ma ci sta anche la prevenzione e l’educazione, un sistema di relazioni che dovrebbe garantire la cultura della sicurezza a tutto tondo.
Volontariato e Stato un binomio imprescindibile se si vuole che i diritti e i doveri di cittadinanza siano garantiti.
Massimo Chiarello, responsabile operativo intercomunale, già presidente e responsabile della Protezione Civile di Montecchio, a quattordici anni è partito da solo verso le zone terremotate del Friuli, lì ha incontrato figure note di Montecchio Maggiore, come Agostino Pilati, Sergio Meggiolaro, Gianpietro Pagani e tanti altri che hanno portato il loro contributo nel salvare e nel mettere in sicurezza. A lui chiediamo di spiegare che cos’è la Protezione Civile: “Riprendo una frase del fondatore della Protezione Civile Giuseppe Zamberletti ossia il ‘coordinare forze ordinarie in situazioni straordinarie’”. Gli eventi estremi, calamitosi necessitano dell’intervento di tante forze che vanno organizzate, tenute insieme, indirizzate.
Nel bel mezzo di una catastrofe tutti devono agire secondo le loro prerogative senza creare ostacoli.
Così vigili del fuoco, carabinieri, sanitari entrano a far parte del grande sistema che chiamiamo Protezione Civile organizzata in COM (centro operativo misto), COC (centro operativo comunale) in aree individuate a livello regionali che prendono il nome di ATO ambiti territoriali organizzativi ottimali e omogenei per natura e caratteristiche.
All’interno di questo sistema si alimenta la macchina della protezione civile, si affrontano gli eventi prevedibili e non prevedibili.
Prendiamo per esempio l’allerta meteo che vien diramata dai centri meteorologici. Arriva al sindaco che nel sistema protezione è a capo del COC e a me che sono responsabile operativo comunale. Se l’allarme resta all’interno del territorio comunale si organizzano gli interventi con i mezzi di cui disponiamo e con i nostri operatori volontari. Si crea comunque un centro operativo di coordinamento cui fanno riferimento tutte le forze in campo.
Diversa la situazione per eventi non prevedibili, come potrebbe essere un terremoto o un grave incidente ambientale. In questo caso l’allarme riguarda l’intero territorio regionale e nazionale e si mettono in gioco le protezioni civili locali su indicazioni molto precise”.
Racconta Sergio Ceola, volontario addetto alla contabilità: “Quando c’è stato il terremoto di Amatrice, sono partito subito con una squadra che aveva il compito di studiare la situazione per organizzare poi il piano di intervento, capire di che cosa ci fosse bisogno, di quali mezzi, di quali materiali. Raccolte le informazioni si è passati agli interventi nell’area assegnata dall’organizzazione centrale”.
E questo ha fatto sì che Montecchio Maggiore nel tempo sia stato presente in luoghi specifici, in paesi dove con i suoi volontari ha offerto aiuto, mezzi di sopravvivenza, container dove stare in attesa della ricostruzione, ricostruito addirittura scuole.
Ma la Protezione Civile non è solo intervento sui luoghi di disastri, è anche prevenzione, è educazione alla consapevolezza che ogni individuo deve sapersi proteggere oltre che proteggere.
“Per questo- precisa Massimo Chiarello- è nato il progetto Artemide che si realizza nelle scuole a partire dalla prima elementare per far crescere giovani consapevoli perché conoscono l’ambiente in cui vivono, ne colgono le opportunità, ma anche i rischi e soprattutto sanno come ci si deve comportare in caso di pericolo. Si arriva così alle prove di evacuazione per incendio o terremoto, ma si insegna anche ad andare per strada a piedi o in bicicletta. Si insegnano le basi del rispetto dell’ambiente, a partire dal corretto smaltimento dei rifiuti.”
Bambini consapevoli dell’importanza di auto proteggersi saranno adulti capaci di prevenire situazioni di rischio per sé e per la propria famiglia, saranno cittadini disposti anche a mettersi in gioco per aiutare e proteggere a loro volta.
E questo è il caso degli oltre cinquanta volontari che operano a Montecchio Maggiore. Fanno di tutto: i contabili come Sergio, ma anche i muratori, i meccanici, gli idraulici, a seconda delle necessità. Tra loro anche quattro signore pronte a mettersi in gioco a seconda delle esigenze. A Montecchio poi c’è un importante centro di addestramento cinofilo.
“E’ uno dei migliori centri in Italia. Arrivano qui per esercitazioni da tutta Europa. Per addestrare cani da macerie, ma anche da ricerca sul territorio”.
E spesso si mettono in scena nelle scuole vere e proprie esercitazioni con i cani e con tutti i mezzi di soccorso della Protezione civile e allora per i ragazzi è un momento emozionante. Tutti vorrebbero diventare volontari.
Aggiunge Chiarello: “Ma quando si accorgono che bisogna studiare, che essere volontari non significa solo azioni eclatanti sul campo, ma che un volontario può anche semplicemente andare a portare la spesa ad un anziano solo, si tirano indietro e questo è il nostro problema più grosso! Sono pochi i giovani interessati ed impegnati. Speriamo che, dopo i nostri interventi nelle scuole, siano almeno più consapevoli e magari più solidali.
Chiarello è stato presidente dell’Associazione Protezione Civile di Montecchio Maggiore fino a sei anni fa. A lui è subentrato un giovane, Matteo Fridosio.
Anche lui volontario fin dalla più giovane età. A 16 era già operativo, ma la formalizzazione dell’impegno si è concretizzato con il compimento della maggiore età e quindi ha vissuto il terremoto dell’Abruzzo, quello dell’Emilia e nel 2016 quello del Centro Italia.
Non solo azioni sul campo, ma anche corsi di formazione lo hanno portato a diventare caposquadra, vice rappresentante provinciale del volontariato di Protezione Civile della provincia di Vicenza, nonché rappresentante distrettuale delle Associazioni di Protezione Civile.
“La Protezione Civile opera sul campo, ma ha anche importanti compiti di organizzazione gestionale, mette a disposizione, in caso di evento calamitoso, personale qualificato per affrontare l’emergenza ma anche per coordinare interventi di più lungo respiro. La nostra associazione dispone per esempio di moduli abitativi che si installano nelle aree interessate dall’evento calamitoso. Ne abbiamo ancora uno in funzione nelle vicinanze di Modena dai tempi del terremoto del 2012, e sostituisce un centro diurno per ragazzi con problemi di autismo.”
Giovane con esperienza, è arrivato al ruolo più importante di presidente dell’area Ovest Vicentino: “Il mio ruolo è di coordinamento tra quelle che sono le funzioni amministrative, perché non si dimentichi che ci sono acquisti da fare, pagamenti da effettuare, rimborsi da assegnare; vi è poi da seguire l’aspetto formativo: i nostri volontari sono in continuo addestramento per essere sempre pronti ad ogni evenienza e poi vi è la necessità di dialogare con i diversi enti per tenere vivo e ben oliato l’intero meccanismo.
Certo scarseggiano i giovani, sono sempre meno quelli che desiderano entrare a far parte dell’associazione, forse perché mancano di una cultura di gruppo, dello stare insieme ed operare insieme. Per fortuna vengono sostituiti dai neo pensionati, molto attivi e dinamici, ma certo con qualche problema in più rispetto ad un giovane in piena salute. Non si dimentichi infatti che i nostri volontari sono chiamati ad azioni antiincendio boschivo, o ad interventi in situazioni che richiedono una certa forza.
Per questo sto lavorando per cercare di inserire l’azione di protezione civile nelle scuole come Alternanza Scuola Lavoro o come Servizio Civile, il che garantirebbe poi di avere persone formate e pronte a continuare nel servizio a protezione della comunità Mi sto anche impegnando affinché la nostra associazione ottenga il riconoscimento legale in modo da tutelare il volontario da rischi legati alle sue azioni e alle sue scelte. Perché attualmente se si commette un errore si paga di tasca propria. Ci sono poi i piccoli investimenti per l’acquisto di strumenti o per il potenziamento dei mezzi che operano nel dissesto idrogeologico, l’ambito che ultimamente vede molto impegnata la nostra associazione”.
Il giovane presidente che ha vissuto tante situazioni di emergenza non riesce a dimenticare l’alluvione di Vicenza nel 2010.
“Si è abituati a partire per un’emergenza sapendo di dover stare lontano da casa per più giorni, ma si sa anche che, quando finirà, si ritorna ed è tutto finito. A Vicenza è stato diverso perché siamo stati molto coinvolti sul piano personale: aiutavamo amici, conoscenti e quindi era più difficile per noi restare emotivamente neutri. E poi c’era la mia università che ben due volte è stata evacuata!”
Di seguito la videointervista al sindaco di Montecchio Maggiore Silvio Parise
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