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CLAUDIO BESCHIN: LA SCIENZA E GLI STUDI AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ

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Chi può dire di non conoscere Claudio Beschin?
Di certo non gli oltre cento frequentanti dei corsi dell’Università degli Adulti della sezione di Montecchio Maggiore, di cui è coordinatore responsabile per il Centro Studi Rezzara. Per questi allievi, diversamente giovani, organizza lezioni, seminari che spaziano dalla storia, alla letteratura, all’arte, alle scienze naturali: il suo campo d’azione.
Lo conoscono i cittadini interessati alle cose politiche e amministrative perché è stato a lungo impegnato nelle vicende della città di Montecchio, ora in maggioranza, ora all’opposizione, ora assessore, vicesindaco, o semplice consigliere, anche a rappresentare Montecchio Maggiore in Consiglio Provinciale.
Lo conoscono “gli Amici del Museo Zannato” con i quali si è per anni impegnato per catalogare, organizzare e diffondere innumerevoli scoperte in ambito geologico e archeologico.
Condividono con Claudio Beschin il prestigio dell’appartenenza, i componenti dell’Accademia Olimpica, consesso di studiosi, artisti, scrittori e scienziati, tutti Vicentini illustri.

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Alcune pubblicazioni di Claudio Beschin

Lo ricordano le centinaia di alunni che lo hanno avuto come docente di Matematica e Scienze nelle scuole della città, prima alla Scuola Media Pascoli, poi alla Buonarroti, ora Anna Frank.
Giocano con lui i bambini delle scuole materne locali ai quali insegna l’arte dei giovani esploratori della natura.
Ma Claudio Beschin va riconosciuto soprattutto per la sua passione, la Geologia e in particolare la Paleontologia, disciplina che studia, classifica e interpreta i fossili.
Forse era destino che diventasse un importante esponente di questa branchia delle scienze che va ad incrociarsi con l’Archeologia, in quanto il nostro nasce e vive da sempre in un luogo che nel passato ha visto passare tanta storia.
“Abitavo nella zona dove ora si apre la grande rotatoria del nuovo casello dell’autostrada, al confine tra Alte Ceccato e Brendola. Lungo la traiettoria della via Postumia, dove trovarono collocazione insediamenti romani prima, longobardi poi. Fin da bambino giravo per i campi alla ricerca di pietre, prima quelle che luccicavano, come un cercatore d’oro. Poi, diventato grande, quelle pietre mi interessavano per quello che raccontavano. Fu quindi abbastanza logico che, dopo aver conseguito il diploma di Geometra, mi iscrivessi al corso universitario di Geologia. Intanto avevo già allestito una mia personale raccolta di fossili ritrovati intorno a casa… Ricordo con soddisfazione quanto fosse ammirata la mia prof. di Scienze di fronte ai reperti che le portavo a lezione”.
Una passione forte animava infatti il giovane Montecchiano che fece la sua prima scoperta sensazionale nella cava Main di Arzignano. Non fu certo un caso! Molto dentro agli studi della facoltà di Geologia di Padova, il giovane ricercatore conosceva bene la natura dei terreni della Lessinia e quindi ipotizzava che lì fossero nascosti, nel più profondo, le tracce di forme di vita, tipiche di un mare caldo, milioni di anni fa.
“Trovai il fossile di questo piccolo granchio, intero, bellissimo… Lo portai a casa, lo pulii per bene, ma non capii subito la sua importanza perché mi sembrava molto simile a specie che ancora oggi vivono nei mari caldi del sudest asiatico. Ma proprio in questo sta l’importanza della scoperta che confermava che la nostra area era, nella notte dei tempi, un placido mare tropicale”.
Da allora fu un crescendo di ritrovamenti, di catalogazioni, di confronti con altri amici geologi, di saggi, di pubblicazioni fino a poter dire senza ombra di dubbio che il nostro Claudio Beschin è un grande esperto di livello internazionale in ambito paleontologico, probabilmente il massimo conoscitore vicentino vivente di fossili di crostacei, nonché grande collezionista.

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Ma andando lungo i percorsi delle nostre campagne, dei nostri colli, sempre con lo sguardo rivolto in basso per individuare un segno, un’immagine minuscola del passato più lontano capace di spiegare l’origine del nostro mondo, capita di imbattersi anche in reperti lasciati dalla presenza umana, passando così dalla paleontologia all’archeologia.
E ne ha fatte, eccome, di scoperte il nostro professore!
Le prime riguardano un bel gruzzoletto di monete di foggia romana raccolte durante una vendemmia in zona San Giacomo, al confine con Brendola. “Spuntavano dal terreno. Scavando, poi, ne sono state catalogate almeno 600. Studiate dalla Facoltà di Archeologia di Padova, sono risultate il frutto di una vera e propria zecca clandestina: l’effigie dell’imperatore è infatti piuttosto imprecisa, poco curata, sciatta, ma il valore in questo caso era dato dal metallo e quindi era pur sempre un oggetto di scambio che andava tenuto anche nascosto in un periodo di instabilità sociale e politica. Forse dove sono state trovate vi era una residenza o un luogo di scambio”.
Certo che ogni qualvolta in zona Alte Montecchio iniziava un’operazione di movimentazione del terreno per costruire nuove abitazioni o per segnare nuove vie, lui c’era e cercava, raccoglieva e catalogava.
“Oggi ogni intervento sul terreno è preceduto da analisi geologiche che spesso si incrociano con l’archeologia. Per esempio si sapeva che dove è sorto l’Ospedale Nuovo sarebbero emersi reperti archeologici. Lì c’era una grande villa romana, abitata da un quadrumviro che governava la città di Vicenza. E infatti sono state trovate tre bellissime sepolture con il loro corredo funebre, comprendente splendidi gioielli che ho potuto vedere prima che vengano collocati negli spazi della Vecchia Pieve, di proprietà dell’ULSS 8, quale museo archeologico del nuovo ospedale”.
Ma il museo che più appartiene a Beschin ed è espressione del suo indefesso lavoro di scienziato è sicuramente il museo Zannato. Anzi si può affermare che esista da sempre un legame profondo tra il nostro e il cavaliere Giuseppe Zannato.

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A destra il cavaliere Giuseppe Zannato

Entrambi appassionati di natura, collezionisti, studiosi.
Zannato aveva fatto della sua casa in via Conti Gualdo un vero museo, che poi trasferì nella scuola elementare Manzoni con l’intenzione di dar vita ad un museo didattico. Beschin, pure, prima dona la sua collezione al museo e poi fa in modo che esca dalle scuole per prendere dimora nella Villa Lorenzoni, di fronte alla scuola, già Biblioteca Civica.
Un’operazione che diede finalmente valore a tutte le scoperte, a tutte le ricerche fatte nell’area montecchiana prima da Zannato e quindi anche da Claudio Beschin.
Oggi il museo raccoglie reperti didattici che vanno dalla Preistoria all’Alto Medioevo e una sezione naturalistica con una importante sezione paleontologica, unica per reperti, che richiama studiosi da tutto il mondo.

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Alcune sale del Museo Zannato

Nella realizzazione del suo sogno Beschin si avvale della collaborazione di tanti amici appassionati e studiosi, con i quali nel 1992 ha dato vita all’associazione “Amici del Museo”, grazie alla quale continua il lavoro di ricerca e di studio in ambito archeologico e naturalistico. E non solo si realizza, anzi si continua il sogno di Zannato di fare del museo un luogo dell’insegnamento e della didattica.
“I bambini vengono al museo, si appassionano e si immaginano a loro volta ricercatori, ma soprattutto tornano con i loro genitori per mostrare loro fossili rarissimi e bellissimi e per raccontare loro le vicende del ritrovamento della tomba longobarda che lo stesso Zannato scavò a Sant’Urbano”.
E di tanti altri reperti del cui ritrovamento Beschin è protagonista. Colpisce infatti la tomba di una bambina che Il prof. ha trovato camminando con il figlio lungo una capezzagna, vicino casa.
“Lo scheletro intatto e perfetto era costudito all’interno di in un tubo di trachite che ho riconosciuto come proprio degli acquedotti di epoca romana. Ho subito avvisato la Sovrintendenza Archeologica di Padova che attestò il valore del ritrovamento, testimonianza della presenza di una comunità in epoca tardo imperiale, proprio lungo la via Postumia.”
Tra i suoi aneddoti il nostro racconta di una splendida statuetta “ritenuta d’oro” che è riuscito a recuperare per il museo, grazie alla confidenza di un suo alunno di scuola media. Il reperto oggi fa bella mostra di sé nelle vetrine grazie all’interessamento della famiglia Ghiotto, in particolare dell’allora direttore della Lowara Renzo, che riconobbe al riluttante contadino un risarcimento economico per convincerlo a cedere il reperto al museo.
“I privati sono stati importanti nella realizzazione del museo, penso all’imprenditore Giancarlo Marin che mi donò il primo microscopio e le vetrine di esposizione. Ma fondamentale è stata anche la collaborazione dell’Amministrazione. Da quando opero in questo ambito, ho sempre avuto il sostegno di chi governava e governa la città. E non può che essere così, visto che il museo dà grande prestigio a Montecchio.
E rimango anche convinto che si possa e si debba valorizzare ancora di più.
Intanto penso che sia giunto il momento di nominare un direttore. Da quando Roberto Ghiotto è andato in pensione, manca sia un direttore del museo che della biblioteca. C’è bisogno di avere qualcuno che abbia una vision, che sappia andare oltre ai puri interessi di settore. Fosse per me chiederei la collaborazione del direttore del museo Egizio di Torino, Christian Greco, perché in questi progetti non conta la presenza, conta la collaborazione, gli input che si possono trasmettere!”
Il prof. Beschin, che presto andrà in Danimarca ad un importante convegno di Paleontologia, dove incontrerà i suoi tanti colleghi e amici di studio, coltiva comunque un suo grande sogno: ”Vorrei tanto poter andare alla ricerca di grandi fossili, dinosauri per esempio, magari in Africa”.

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