Per chi non l’avesse capito, sembra che il problema più grande del mondo occidentale sia il controllo dei flussi migratori, legali ed illegali. Su questo tema le democrazie liberali rischiano di farsi male, tanto male, specie in momenti come questi, in cui l’economia non brilla e le condizioni di vita peggiorano proprio là dove lo sviluppo tecnologico, economico e finanziario prometteva di risolvere i problemi di povertà.
L’arrivo di persone da lontano, in cerca di condizioni di vita migliori, va a scontrarsi con il malessere di una parte della popolazione che fatica ad arrivare a fine mese, che non ha i soldi per curarsi, che non può più permettersi una vacanza.
Per contro, i governi sembrano incapaci di trovare una soluzione che tranquillizzi chi vive nel Paese di arrivo e che dia un aiuto organizzato e regolare a chi invece vi giunge spinto dalla miseria, dalle guerre, dai disastri climatici.
In questo contesto hanno gioco facile le forze politiche di destra estrema che fanno della lotta all’immigrazione la loro bandiera e convincono così le fasce più deboli della popolazione. Anche i governi liberali, o comunque meno reazionari, sono preoccupati della situazione e cercano disperatamente soluzioni che non facciano però perdere consensi.
In tutto questo trambusto, non si vuole tenere presente un aspetto.
Da quando esiste, l’uomo ha sempre manifestato la sua propensione allo spostamento, sempre per cercare un luogo migliore dove vivere. E se il luogo di arrivo apparteneva ad un altro gruppo si arrivava spesso non alla convivenza ma all’uso della forza.
La storia dell’umanità è un lungo elenco di guerre e spostamenti, di conquiste e di ricerca della Terra Promessa.
Paradigmatica è la storia, raccontata proprio nella Bibbia, del popolo ebreo: Abramo lascia la città di Ur in Mesopotamia e diventa egli stesso un migrante. Il popolo di Dio entra in contrasto con quelli nelle cui terre cerca di insediarsi e per questo è perseguitato, ridotto in schiavitù. Mosè lo libera dalla schiavitù egizia ma, prima di arrivare alla nascita del Regno di Davide, conduce il suo popolo attraverso ancora molti anni di peregrinazione e di contrasti con altri popoli. Dopo la caduta di Gerusalemme, nel 71 d.C. ad opera dell’imperatore Tito, il popolo degli Ebrei si è disperso nel mondo, è diventato ”errante”.
La stessa storia dell’Impero Romano parla di continui tentativi di penetrazione, oltre i confini, di popoli definiti barbari. La storiografia ce li ha sempre mostrati come brutti e cattivi.
In realtà erano gruppi che cercavano banalmente condizioni di vita migliori e che nel tempo sono anche riusciti ad insediarsi nell’area dell’Europa Centrale dando vita ai Regni Romano Barbarici, l’origine dell’Europa.
Se poi passiamo al mondo orientale, non possiamo non ricordare le razzie del popolo mongolo verso occidente, ma prima di Gengis Khan vi era stato un certo Alessandro Magno che aveva oltrepassato i limiti del suo mondo.
Senza immigrazione e quindi senza lo spostamento di popoli non ci sarebbe stata la storia che conosciamo.
E’ difficile accettare tali considerazioni se ci si sente in pericolo o ci fanno pensare di essere in pericolo. Ma non dimentichiamo che siamo anche noi un popolo di migranti, non dimentichiamo che i processi di colonizzazione e di spostamento delle frontiere nel Nuovo Mondo, specie quello meridionale, ha visto un importante contributo degli Italiani più poveri, quelli che, pur di migliorare la loro vita, si imbarcavano sui Vapori e, se non morivano in mare, andavano a dissodare terreni difficili e combattevano contro eventi atmosferici estremi. Non vivevano come schiavi, ma certo erano sfruttati, ed erano considerati come indesiderati.
“Gli Italiani brutta gente, ignoranti, sporchi, saltimbanchi o delinquenti…”, questo è quello che troviamo scritto sui quotidiani argentini, brasiliani e statunitensi nel periodo della nostra Grande Emigrazione. Gli stessi termini, gli stessi atteggiamenti con i quali oggi ci rapportiamo a chi giunge in Italia e in Europa dopo aver affrontato inenarrabili difficoltà, dall’Asia e dall’Africa.
Quelli che oggi definiamo centri di accoglienza, esistevano in America ai tempi dei nostri migranti e non erano luoghi belli!
Allora vien da chiedersi se ci siamo dimenticati la storia… Pare di sì.
Ma soprattutto non capiamo che solo accogliendo nel modo giusto, pretendendo il corretto rispetto alle regole, in collaborazione con gli altri Paesi, riusciremo a trasformare un fenomeno così grande in un’opportunità.
Altrimenti, se non sarà così, pazienza. Ma la storia sarà sicuramente più forte dei nostri egoismi.
Rosanna Frizzo