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A PROPOSITO DI CITTADINANZA E DIRITTO ALLO STUDIO

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Si è parlato molto durante l’estate di Ius Scholae, il diritto a diventare cittadini italiani dopo un certo percorso scolastico. Ovvero dopo che il bambino, magari anche nato in Italia, ma figlio di stranieri, ha imparato la lingua, ha fatto propri valori importanti di convivenza, si è inserito insomma nel nostro contesto sociale e culturale.
Dopo le tante discussioni, come sempre accade nel nostro Paese, tutto si è bloccato, perché è di stranieri che si parla e riconoscere un diritto a chi arriva da luoghi lontani a contaminare la nostra storia, la nostra cultura o peggio a sporcare la nostra identità, sembra significhi perdere un certo consenso elettorale. Da ultimo a questo teatrino delle parti si è aggiunto il caso di una scuola in provincia di Latina, da dove i genitori di bambini italiani hanno ritirato i figli, perché nelle classi prime c’erano troppi stranieri.
La prima soluzione dell’Istituto non è stata certo molto felice: si sono riorganizzate le classi per provenienza, una tutta indiana, una tutta albanese e una tutta italiana. Per fortuna è arrivato il richiamo dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio che ha chiesto di provvedere ad una giusta ridistribuzione dei bimbi di origine straniera nelle classi.
Quali i motivi che hanno portato a spostare gli Italiani dal Comprensivo di Fondi? I bambini stranieri non parlano italiano e quindi rallenterebbero l’apprendimento dei locali.
Innanzi tutto si sta parlando di classi di prima elementare, dove per tutti si impara a leggere e a scrivere, secondo i programmi, e quindi, magari con modalità diverse, tutti hanno un unico obiettivo da raggiungere oltre che imparare le prime regole di convivenza.
In secondo luogo è ormai comprovato che acquisire una lingua straniera in tenera età, non solo è molto semplice, ma è anche molto stimolante dal punto di vista intellettivo. Quindi in queste classi il lavoro degli insegnanti e degli alunni risulterebbe molto più dinamico e offrirebbe percorsi educativi nuovi.
Le motivazioni dei genitori dei 12 alunni italiani quindi non reggono e poi vanno contro la realtà: in un periodo che gli esperti definiscono di “inverno demografico”, se i numeri della scuola italiana non sono catastrofici è perché ci sono i figli degli stranieri. Se i docenti italiani ancora non stanno pagando il prezzo della denatalità è perché ci sono gli stranieri.
In passato una situazione simile si era verificata ad Alte Ceccato, l’operosa frazione di Montecchio Maggiore. Si erano spese denunce e interrogazioni riguardo al fatto che c’erano troppi bambini stranieri nelle classi. Addirittura fu chiamato in causa il Ministero che non poté che auspicare una giusta redistribuzione degli alunni stranieri, in gran parte Bengalesi. Come è la situazione oggi, dopo almeno 15 anni di polemiche? Poiché esiste la libertà per le famiglie di scegliere le scuola che ritengono più adatta ai figli, la primaria di Alte è frequentata in grande prevalenza da bimbi stranieri, perfettamente integrati, che parlano, oltre che l’Italiano anche il dialetto vicentino, e restano in attesa del diritto di essere riconosciuti come italiani, visto che contribuiscono e non poco a far vivere la scuola stessa con la loro presenza,insieme ai genitori che lavorano in Italia e pagano tutte le tasse.
Nel frattempo, ed è una notizia bella perché inaspettata, sono state raccolte le firme necessarie per richiedere un Referendum. Mentre la politica sta ferma o latita, la gente va avanti e, se tutto andrà per il meglio, si andrà a votare per un’Italia migliore e più inclusiva.

Rosanna Frizzo

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