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31 MAGGIO, LUNGO IL CORSO DEL TORRENTE NATISONE SI È CONSUMATA L’ENNESIMA TRAGEDIA IN “PRESA DIRETTA”.

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Tre ragazzi, tre amici, come ce ne sono tanti, forse attirati dalla bellezza del luogo, di quel torrente le cui acque alla luce del sole acquistano tutta le sfumature del verde, forse con la voglia di toccare con i propri piedi una spiaggia famosa per la gente di quei posti, Natisone beach appunto, sono scesi dall’auto e si sono avventurati lungo gli argini del torrente, hanno raggiunto una secca e lì hanno trovato la morte. Perché non sapevano che il torrente è soggetto a piene improvvise, che può diventare, a seguito delle abbondanti piogge, una furia. Hanno visto l’acqua salire intorno a loro, si sono trovati in mezzo alla potenza travolgente delle correnti. Terrorizzati hanno cominciato ad usare il telefonino per chiamare aiuto. Hanno chiamato il 112. Hanno dato indicazioni utili per essere recuperati, ma invano. Nel giro di poco tempo sono stati trascinati via e sono morti. Il tutto mentre dalla strada e da un ponte c’era chi riprendeva con il telefonino.
E’ vero che si poteva fare ben poco. Neppure un vigile del fuoco esperto è riuscito a nuotare verso di loro.
Ma il nostro dovere di soccorritori non si limita a chiamare il 112. Siamo tenuti a cercare di tentare qualcosa, pur nel rispetto della nostra e dell’altrui sicurezza, come ha fatto il vigile che alla fine ha desistito.
I soccorsi sono arrivati in ritardo? Lo dirà la Procura. La tragedia era evitabile? Certo! Se si fosse conosciuta la pericolosità di quel torrente, se si fosse pensato che eventi meteorologici estremi possono trasformare una tranquilla mattina di fine maggio in una terribile tragedia, ancor più grave se si pensa che poi tutti noi siamo stati costretti a seguire in diretta la triste fine di tre ragazzi, inconsapevoli, desiderosi di godersi la bellezza della natura e che non hanno letto forse i cartelli che indicavano il pericolo.
Rabbia e angoscia ci hanno accumunati. La rabbia per non essere arrivati a salvarli, ma anche l’angoscia, il dolore che nasce dall’impotenza di fronte alla furia della natura. Ma soprattutto la rabbia per quei video fatti da un ponte mentre in basso tre ragazzi morivano…

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